Luigi Capuana Un vampiro a Cesare Lombroso Illustre amico, Quando, nello scorso aprile, veniva celebrato il suo giubileo scientifico, rivedendo le bozze di questo volumetto io pensavo di fargliene riverente omaggio per unire la mia fioca voce di novelliere alle unanimi acclamazioni degli Scienziati del mondo intero. E m'induceva a questo non solamente l'antica affettuosa venerazione, ma anche l'idea che il soggetto delle due novelle qui riunite, avendo qualche relazione coi suoi ultimi spassionatissimi studi intorno ai fenomeni psichici, dei quali abbiamo ragionato in Roma ogni volta che ho avuto il piacere di rivederla, evitava all'omaggio il difetto di una troppo grave stonatura. Lo accetti, Illustre Amico, con la sua solita bontà, e mi creda sempre suo aff.mo Luigi Capuana. Catania, 28 giugno 1906 UN VAMPIRO «No, non ridere!», esclamò Lelio Giorgi, interrompendosi. «Come vuoi che non rida?», rispose Mongeri. «Io non credo agli spiriti». «Non ci credevo... e non vorrei crederci neppur io» riprese Giorgi. «Vengo da te appunto per avere la spiegazione di fatti che possono distruggere la mia felicità, e che già turbano straordinariamente la mia ragione». «Fatti?... Allucinazioni vuoi dire. Significa che sei malato e che hai bisogno di curarti. L'allucinazione, sì, è un fatto anch'essa; ma quel che rappresenta non ha riscontro fuori di noi, nella realtà. È, per esprimermi alla meglio, una sensazione che va dall'interno all'esterno; una specie di proiezione del nostro organismo. E così l'occhio vede quel che realmente non vede; l'udito sente quel che realmente non sente. Sensazioni anteriori, accumulate spesso inconsapevolmente, si ridestano dentro di noi, si organizzano come avviene nei sogni. Perché? In che modo? Non lo sappiamo ancora... E sogniamo (è la giusta espressione) a occhi aperti. Bisogna distinguere. Vi sono allucinazioni momentanee, rapidissime che non implicano nessun disordine organico o psichico. Ve ne sono persistenti, e allora... Ma non è questo il tuo caso». «Sì; mio e di mia moglie!». «Non hai capito bene. Noi scienziati chiamiamo persistenti le allucinazioni dei pazzi. Non occorre, credo, che io mi spieghi con qualche esempio... Il fatto poi che siete due a soffrire la stessa allucinazione, e nello stesso momento, è un semplice caso d'induzione. Probabilmente sei tu che influisci sul sistema nervoso della tua signora». «No; prima è stata lei». «Allora vuol dire che il tuo sistema nervoso è più debole o ha più facile ricettività... Non arricciare il naso, poeta mio, sentendo questi vocabolacci che i vostri dizionari forse non registrano. Noi li troviamo comodi e ce ne serviamo». «Se tu mi avessi lasciato parlare...».