FAVOLE di Jean de La Fontaine trad. di Emilio De Marchi LIBRO PRIMO XIII - I Ladri e l'Asino Due Ladri avean rubato un Somarello e a pugni il disputavan fra di loro: quand'ecco sul più bello un terzo sopraviene, che piglia Orecchialunga e se lo tiene. Dei piccoli paesi ecco la storia, che sono alla balìa di questo o quel vicino prepotente. Mentre il Turco, il Rumeno o il Transilvano accorrono alle prese, un altro arriva, per esempio Inglese, che piglia per sé l'asino e lascia agli altri un bel niente in mano. XX - La Gallina e la Perla Razzolando, una Gallina una Perla ritrovò, una perla vera e fina che all'orefice portò, giudicando con ragione che una perla alla fin fine non è poi quel tal boccone che conviene alle galline. Tal e qual quell'ignorante, che uno scritto ereditò, di buon cuor con un sonante ducatone barattò, giudicando con ragione, anche lui, che all'occorrenza un sonante ducatone vale tutta la sapienza. LIBRO SECONDO III - Il Lupo e la Volpe davanti al Tribunale della Scimmia Un Lupo, che accusò di ladreria una Volpe birbona sua vicina, o vera o falsa che l'accusa sia, davanti al tribunal d'una Bertuccia senza tanti avvocati la trascina. A memoria di scimmia imbroglio simile giammai non s'era visto, anzi si dice che a distrigare il bandolo, la Bertuccia sudò quattro camicie. Dopo molte proteste e grida e repliche, il giudice, ch'è vecchio del mestiero, - Basta, - risponde lor, - o falso o vero, pagate entrambi e che la sia finita. Tu, Lupo, paga, perché fai figura d'accusator bugiardo, e tu, perché sei ladra di natura -. Pensò la Scimmia, a torto od a ragione, che il luogo dei birbanti è la prigione. XI - Il Leone e il Topo Piccoli e grandi rendi ognun contento, ché di tutti si ha d'uopo in questo mondo. Di tale verità la prova è in fondo delle seguenti favole, ed anche in fondo a cento. Un Topo disgraziato cadde un dì nella zampa d'un Leone, che volendo stavolta dimostrare, d'esser quel re ch'egli è, lo lascia andare. Un compenso trovò la buon'azione: e per quanto è difficile il pensare che d'un Topo bisogno abbia un Leone, avvenne invece ciò che sentirete. Uscendo un dì la belva dalla sua selva, diede in una rete, contro la qual non valgono i ruggiti. Morta sarìa, se il Topo prontamente non fosse accorso a trarnela d'impaccio; ch'ei fe' tanto, menando intorno il dente, che ruppe i nodi e sgrovigliò quel laccio. Più d'ogni rabbia e d'ogni violenza, il tempo vale e vale la pazienza.