I viceré NomeDelloStudente CognomeDelloStudente Università degli Studi di Bergamo Sommario Esercizio II Il pigia pigia Un nuovo pigia pigia troncò di botto ogni discorso, infittì la folla in fondo alla chiesa: entravano le orfanelle del Sacro Cuore con le vesti verdi e gli scialletti bianchi; Baldassarre, tutto vestito di nero, le dirigeva verso l'altar maggiore, ingiungendo: "Largo, largo, signori miei!..." Un bambino, mezzo soffocato tra la calca, si mise a strillare; un mendicante, riuscito ad entrare, inciampò contro un gradino d'altare e cadde per terra. BENEFICENTE COI DERELITTI L'OBOLO DELLA CARITÀ TI FIA RESO CENTUPLICATO CON L'ESPIATORIE PRECI Don Cono declamava, a bassa voce, l'altra iscrizione al canonico Sortini che aveva pescato tra la folla... E più avanti... Don Cono "Don Cono!... Don Cono!... Voi che avete la vista lunga; come dice lassù?" E don Cono compitò: IN QUESTO TEMPIO OVE IL FRALE SI ACCOGLIE DELLA BEATA UZEDA CORROBORATE FIENO LE PRECI DALL'INTERCESSORA PARENTE "Bellissimo! Bravo!... Bene l'intercessora..." esclamarono in coro; ma un "sst" prolungato passò di repente di bocca in bocca: il maestro Mascione, appollaiato in cima al palco dell'orchestra, aveva picchiato tre colpi sul leggìo; e le conversazioni morirono, tutte le teste si volsero verso i sonatori. In mezzo all'attenzione generale don Casimiro urtò a un tratto col gomito i vicini, esclamando piano: "Guardate! Guardate!" Entrava in quel punto, protetto contro la folla dal servitore, il vecchio don Alessandro Tagliavia: nonostante l'età, reggeva ancora diritta l'alta persona e dominava la folla con la bella testa bianca e rosea, dagli occhi chiari com'acqua marina e dai baffi bionditi dal tabacco. Non potendo avanzare, guardava da lontano il catafalco, il palco della musica, le tabelle degli epitaffi; e intanto, nel silenzio fattosi come per incanto, l'orchestra intonava il preludio: un lungo gemito, suoni rotti in cadenza come da brevi singulti si diffondevano per la chiesa, e le piangenti riprendevano a lacrimare, mentre i monaci, dinanzi all'altare, cominciavano le genuflessioni. E più giù... il principe di Roccasciano Il principe di Roccasciano, che aveva girato per la chiesa sballottato dalla folla, fu sospinto in mezzo al gruppo; tutta la sua persona, così piccola e magra che pareva fatta in economia, esprimeva uno straordinario stupore: "Signori miei, che funerale! che spesa!... Ci saranno per lo meno cent'onze di cera! E l'apparato! La messa cantata! Io vi so dire che per la felice memoria di mio padre spesi sessantotto onze e tredici tarì, e che feci? Niente!... Qui vi dico che si sono spese cent'onze di sole torce..." "Sst... il Lux aeterna." Ad ogni passaggio della messa operavasi un rimescolamento nella folla: alcuni tentavano uscire, la più parte mutavan di posto, giravano intorno al catafalco, andavano a leggere le iscrizioni. Restava a don Cono da verificar l'ultima; don Casimiro gli si pose alle costole, seguito da parecchi della comitiva. AHI DURA MORTE IL PIANTO D'UNA ILLUSTRE PROSAPIA D'UN POPOLO INTERO A DISARMARE IL TUO BRACCIO NON VALSE "Benissimo!" fece don Casimiro. "La prosapia è illustre: discende difilato dall'anche d'Anchise. Il popolo piange: non vedete le lacrime?" e mostrava quelle d'argento che frangiavano l'addobbo funebre. "Piangono anche le ragazze dell'Orfanotrofio... pensando che andranno a finir cameriere dell'illustre principe..."