Victor HUGO, I MISERABILI Sommario PARTE PRIMA- FANTINE Fino a quando esisterà, per causa delle leggi e dei costumi, una dannazione sociale, che crea artificialmente, in piena civiltà, degli inferni e che complica con una fatalità umana il destino, che è divino; fino a quando i tre problemi del secolo, l'abbrutimento dell'uomo per colpa dell'indigenza, l'avvilimento della donna per colpa della fame e l'atrofia del fanciullo per colpa delle tenebre, non saranno risolti; fino a quando, in certe regioni, sarà possibile l'asfissia sociale; in altre parole, e, sotto un punto di vita ancor più esteso, fino a quando si avranno sulla terra, ignoranza e miseria, i libri del genere di questo potranno non essere inutili. Hauteville House, I gennaio l862 LIBRO PRIMO - UN GIUSTO III - A BUON VESCOVO, ASPRO VESCOVADO Se monsignor vescovo aveva convertito la sua carrozza in elemosine, non per questo aveva trascurato le sue visite parrocchiali. Quella di Digne è una diocesi faticosa; ha pochissime pianure e molte montagne, e manca, come si è visto testé, quasi affatto di strade; vi sono trentadue parrocchie, quarantun vicariati e duecento ottantacinque succursali. una faccenda seria visitare tutto; ma il vescovo ne veniva a capo e andava a piedi, nelle vicinanze immediate, in carretta nella pianura e a dorso di mulo in montagna. Le due vecchie l'accompagnavano; ma, quando il tragitto era per esse troppo faticoso, andava solo. Un giorno giunse a Senez, che è l'unica città vescovile, a cavallo d'un asino, poiché la sua borsa, affatto all'asciutto in quel momento, non gli aveva permesso un altro equipaggio. Il sindaco della città andò a riceverlo alla porta del vescovado e lo guardò scendere dall'asino con uno sguardo scandalizzato; alcuni borghesi, intorno a lui, ridevano. "Signor sindaco e signori," disse il vescovo, "vedo che cosa vi scandalizza. Voi state pensando che è soverchio orgoglio, per un povero prete, montare quella cavalcatura che fu già di Gesù Cristo; ma v'assicuro che l'ho fatto per necessità e non per vanità." Nelle visite era indulgente e dolce, e predicava meno di quanto non discorresse; non metteva mai virtù alcuna sopra un piano inaccessibile, né andava mai a cercare troppo lontano i suoi ragionamenti ed i suoi modelli; agli abitanti d'un paese citava l'esempio del paese vicino. Nei cantoni dove si dimostrava durezza verso i bisognosi, diceva: "Guardate quelli di Briançon. Hanno dato agli indigenti, alle vedove od agli orfani il diritto di falciare i loro prati tre giorni prima di tutti e ricostruiscon loro gratuitamente le case, quando cadono in rovina. Per questo è un paese benedetto da Dio; durante tutto un secolo filato, non c'è stato un omicida." Nei villaggi avidi di guadagno e di gruzzolo, diceva: "Guardate quelli dell'Embrun. Se un padre di famiglia, al tempo del raccolto, ha i figli sotto le armi e le figlie a lavorare in città, e sia malato o in qualche guaio, il curato lo raccomanda dal pulpito, e la domenica, dopo la messa, tutti gli abitanti del paese, uomini, donne e fanciulli si recano al campo del poveretto a mietere per lui; gli portano la paglia e il grano nel granaio." Alle famiglie divise da questioni di denaro e d'eredità diceva: "Guardate i montanari di Devolny, un paese tanto selvatico, che in cinquant'anni non vi si sente cantar l'usignolo una sola volta. Ebbene: quando in una famiglia muore il padre, i figli se ne vanno in cerca di fortuna e lasciano l'eredità alle figlie, perché possano trovar marito." Diceva ai cantoni che hanno la mania dei processi ed in cui i mezzadri si rovinano colla carta bollata: "Guardate quei buoni contadini della valle di Queyras. Sono tremila anime in tutto, ma, mio Dio! è come una piccola repubblica. Non vi si conoscono né il giudice né l'usciere, e il sindaco fa tutto: ripartisce le imposte, tassa ciascuno secondo coscienza, giudica gratuitamente le liti, divide i patrimoni senza onorari, emette sentenze senza spese. E tutti gli obbediscono, perché è un uomo giusto in mezzo a uomini semplici." Ai villaggi dove non trovava ancora il maestro di scuola, citava ancora quelli di Queyras: "Sapete come fanno?" diceva. "Siccome un paesetto di dodici o quindici famiglie non può sempre mantenere un maestro, hanno maestri di scuola pagati da tutta la valle, che percorrono i villaggi e passano otto giorni in questo e dieci in quello, insegnando. Questi maestri di campagna si recano alle fiere, ed io li ho veduti; si riconoscono dalle penne da scrivere nel nastro del cappello. Quelli che insegnano soltanto a leggere hanno una penna, quelli che insegnano la lettura ed il calcolo ne hanno due e quelli che insegnano la lettura, il calcolo ed il latino tre; questi ultimi sono sapientoni. Ma che vergogna, essere ignoranti! Fate come quelli di Queyras." Così parlava, gravemente e paternamente, inventando parabole in mancanza d'esempi e andando diritto allo scopo, con poche frasi e molte immagini, con la eloquenza di Gesù Cristo, convinto e persuasivo. IV - LE OPERE SIMILI ALLE PAROLE La sua conversazione era affabile ed allegra. Egli si metteva alla portata delle due vecchiette che passavano la loro vita accanto a lui; quando rideva, la sua risata era quella d'uno scolaretto. La signora Magloire lo chiamava volentieri Vostra Grandezza. Un giorno, egli s'alzò dalla poltrona e si recò a cercare un libro nella biblioteca; ma il libro era sopra uno dei palchetti più alti e, siccome il vescovo era di statura piuttosto piccola, non poté arrivarci. "Signora Magloire," disse "portatemi una seggiola; la Mia Grandezza non arriva a quello scaffale." Una sua lontana parente, la contessa di Lô, si lasciava di rado sfuggir l'occasione d'enumerare in sua presenza quelle che ella chiamava "le speranze" dei suoi tre figli. Aveva parecchi ascendenti vecchissimi e prossimi a morte, dei quali i suoi figli erano gli eredi naturali; il più giovane dei tre doveva venire in possesso, da parte d'una prozia, di ben centomila lire di rendita, il secondo doveva subentrare nel titolo di duca dello zio ed il maggiore doveva succedere nella parìa del suo avo. Il vescovo, di solito, ascoltava in silenzio quelle innocenti e perdonabili vanterie materne; tuttavia, una volta, egli sembrava più meditabondo del solito, mentre la signora di Lô rinnovava l'elenco di tutte quelle "speranze". Ella s'interruppe, con una certa impazienza: "Mio Dio! Ma a cosa pensate, cugino?" "Penso," disse il vescovo, "a una strana cosa che è, credo, in sant'Agostino: 'Riponete la vostra speranza in colui al quale nessuno succederà.'" questo testo è distribuito con la licenza specificata all'indirizzo Internet: http://www.liberliber.it/biblioteca/licenze/; è tratto da "I Miserabili", di Victor Hugo, edizione Garzanti 1981, su licenza Mursia e pubblicato da Liber Liber per concessione della Ugo Mursia Editore S.p.A.