Victor HUGO, I MISERABILI Sommario PARTE PRIMA- FANTINE Fino a quando esisterà, per causa delle leggi e dei costumi, una dannazione sociale, che crea artificialmente, in piena civiltà, degli inferni e che complica con una fatalità umana il destino, che è divino; fino a quando i tre problemi del secolo, l'abbrutimento dell'uomo per colpa dell'indigenza, l'avvilimento della donna per colpa della fame e l'atrofia del fanciullo per colpa delle tenebre, non saranno risolti; fino a quando, in certe regioni, sarà possibile l'asfissia sociale; in altre parole, e, sotto un punto di vita ancor più esteso, fino a quando si avranno sulla terra, ignoranza e miseria, i libri del genere di questo potranno non essere inutili. Hauteville House, I gennaio l862 LIBRO SECONDO - LA CADUTA III - EROISMO DELL'OBBEDIENZA PASSIVA La porta s'aprì, con impeto, spalancata come se qualcuno l'avesse spinta con energia e risolutezza; e un uomo entrò. Lo conosciamo già, poiché era il viaggiatore che abbiam visto testè girovagare in cerca d'asilo. Entrò, fece un passo e si fermò, lasciando alle spalle la porta aperta; in ispalla il sacco e in mano il bastone, negli occhi un'espressione aspra, insolente, spossata e violenta. Era ripugnante come una sinistra apparizione. La signora Magloire non ebbe neppure la forza di gettare un grido; trasalì e rimase a bocca aperta. La signorina Baptistine si voltò, scorse l'uomo che entrava e si rialzò sulla sedia, sgomenta; poi, girando a poco a poco il capo verso il camino, guardò il fratello ed il suo viso ritornò profondamente calmo e sereno. Il vescovo fissava sull'uomo uno sguardo tranquillo. Mentr'egli stava per aprir bocca, senza dubbio per chiedere al nuovo venuto che cosa desiderasse, l'uomo appoggiò le mani sul bastone e girò alternativamente lo sguardo sul vecchio e sulle donne; poi, prima che il vescovo parlasse, disse ad alta voce: "Ecco. Mi chiamo Jean Valjean. Sono un galeotto ed ho passato diciannove anni al bagno penale; m'hanno liberato da quattro giorni, son partito da Tolone, e non faccio che camminare; oggi ho fatto dodici leghe a piedi. Stasera, giunto in questo paese, sono andato ad un albergo e m'hanno scacciato, per via del passaporto giallo che avevo dovuto presentare in municipio; sono andato in un altro albergo e m'hanno detto: Vattene! Sì, tanto l'uno che l'altro; nessuno m'ha voluto. Sono andato alla prigione, ma il carceriere non m'ha aperto; sono stato nella cuccia d'un cane e quel cane m'ha morsicato e m'ha scacciato, come se fosse un uomo: si sarebbe detto che sapeva chi ero. Sono andato lungo i campi per cercare un giaciglio sotto le stelle; ma non c'erano stelle ed ho pensato che sarebbe piovuto, che non c'era buon Dio che impedisse di piovere, e sono rientrato in città per trovare riparo sotto una porta. Là nella piazza, stavo per coricarmi sopra una panca di pietra, quando una buona donna m'ha indicato la vostra casa e m'ha detto: 'Bussa lì.' Ed io ho bussato. Che luogo è, questo? Siete albergatori? Ho denaro, un gruzzoletto: centonove franchi e quindici soldi guadagnati al bagno, col lavoro di diciannove anni. Pagherò; che m'importa? Ho denaro, sono stanchissimo, ho fatto dodici leghe a piedi, ho fame. Volete che rimanga?" [...] IV - RAGGUAGLI SULLE FABBRICHE DI FORMAGGIO DI PONTARLIER Ed ora, per dare un'idea di quel che si svolse intorno a quella tavola, non sapremmo far meglio che trascriver qui un brano d'una lettera della signorina Baptistine alla signora di Boischevron, nella quale il dialogo fra il vescovo e l'ospite è raccontato con ingenua minuziosità. "... Quell'uomo non faceva attenzione a nessuno e mangiava con una voracità d'affamato. Però, dopo la minestra, disse: "'Signor curato del buon Dio, questa roba è ancor troppo buona per me; ma debbo dire che i carrettieri che non han voluto lasciarmi mangiare con loro si trattano meglio di voi.' "Sia detto fra noi, l'osservazione mi urtò un pochino. Mio fratello rispose: 'Essi faticano più di me.' "'No,' ribatté quell'uomo 'hanno più denaro. Vedo bene che siete neppure curato. Lo siete, almeno? Oh! In verità, se il buon Dio fosse giusto, dovreste bene essere curato.' "'Il buon Dio è più che giusto,' disse mio fratello. E un momento dopo soggiunse: "'Andate a Pontarlier, signor Jean Valjean? "'Con itinerario obbligato.' "Credo proprio che quell'uomo abbia detto così; poi continuò: "'Bisogna che sia in cammino domani all'alba. Il viaggio è faticoso; se le notti sono fredde, le giornate sono calde.' "'Voi state andando' riprese mio fratello 'in un buon paese. Quando, alla rivoluzione, la mia famiglia è stata rovinata, mi sono rifugiato dapprima nella Franca Contea e ci ho vissuto per qualche tempo col lavoro delle mie braccia; avevo buona volontà ed ho trovato da occuparmi. C'è solo da scegliere. Ci sono cartiere, concerie, distillerie, frantoi, grandi fabbriche d'orologeria, d'acciaio e di rame e almeno una ventina di ferriere, quattro delle quali a Lods, a Châtillon, ad Audincourt e a Beure, importantissime.' "Credo di non ingannarmi, asserendo che questi sono i nomi fatti da mio fratello. Qui egli s'interruppe e mi rivolse la parola: 'Cara sorella, non abbiamo parenti laggiù?' "Risposi: 'Ne avevamo e fra gli altri il signor di Lucenet, ch'era capitano delle porte a Pontarlier, sotto il vecchio regime.' "'Sì,' riprese mio fratello; 'ma nel 93 non avevamo più parenti ed avevamo solo le nostre braccia; ed io ho lavorato. Nella regione di Pontarlier, dove state andando, signor Valjean, hanno un'industria tutta patriarcale e simpatica, sorella mia: le loro fabbriche di formaggio, che chiamano fruitières '. "Allora mio fratello, mentre insisteva perché mangiasse, gli spiegò minutamente che cosa fossero i caseifici di Pontarlier e come si distinguessero in due categorie: le fattorie grosse, che sono dei ricchi, dove si tengono da quaranta a cinquanta vacche, che producono ogni estate sette od ottomila libbre di formaggio; ed i caseifici associati, che son dei poveri, dei contadini della mezza montagna, che mettono le vacche in comune e si ripartiscono il prodotto. Costoro stipendiano un lavorante di formaggi, che chiamano grurin, il quale riceve tre volte al giorno il latte dei soci e ne segna la quantità in duplice copia. Verso la fine d'aprile incomincia il lavoro dei caseifici e verso la metà di giugno i proprietari conducono le loro vacche in montagna.