I MISERABILI, Victor HUGO Sommario PARTE PRIMA- FANTINE Fino a quando esisterà, per causa delle leggi e dei costumi, una dannazione sociale, che crea artificialmente, in piena civiltà, degli inferni e che complica con una fatalità umana il destino, che è divino; fino a quando i tre problemi del secolo, l'abbrutimento dell'uomo per colpa dell'indigenza, l'avvilimento della donna per colpa della fame e l'atrofia del fanciullo per colpa delle tenebre, non saranno risolti; fino a quando, in certe regioni, sarà possibile l'asfissia sociale; in altre parole, e, sotto un punto di vita ancor più esteso, fino a quando si avranno sulla terra, ignoranza e miseria, i libri del genere di questo potranno non essere inutili. Hauteville House, I gennaio l862 LIBRO SECONDO - LA CADUTA XI - COME SI COMPORTA Jean Valjean stette in ascolto; nessun rumore. Allora spinse la porta colla punta del dito, colla dolcezza furtiva e inquieta d'un gatto che vuole entrare; e la porta cedette alla pressione, con un movimento impercettibile e silenzioso che allargò un poco l'apertura. Attese così un momento, poi spinse la porta una seconda volta, più energicamente. Essa continuò a cedere in silenzio, così che ormai l'apertura era sufficiente perché egli potesse passare; ma vicino alla porta v'era un tavolino, che faceva con essa un angolo incomodo e sbarrava l'ingresso. Valjean riconobbe la difficoltà. Era necessario allargare ancora l'apertura a qualunque costo, e perciò si decise e spinse una terza volta la porta, più fortemente. Stavolta, un cardine mal unto gettò all'improvviso, in quell'oscurità, un suono rauco e prolungato. Valjean trasalì; il rumore di quel cardine gli risuonò all'orecchio lacerante e formidabile, come la tromba del giudizio universale. Con la fantasia paradossale di quell'attimo, si figurò perfino che quel cardine si fosse animato, avesse preso all'improvviso una vita terribile; gli parve abbaiasse come un cane, per avvertir tutti e svegliare gli addormentati. Si fermò, fremente e smarrito, ricadendo sui talloni. Sentiva le arterie battergli contro le tempie come martelli, gli sembrava che il respiro gli uscisse dal petto col rombo del vento da una caverna. Gli pareva impossibile che l'orribile fracasso di quel cardine irritato non avesse scrollato tutta la casa come una scossa di terremoto; la porta, spinta da lui, aveva dato l'allarme, aveva chiamato: il vecchio stava certo per alzarsi e le due donne per strillare; gente sarebbe corsa in loro aiuto, ed entro un quarto d'ora, la città sarebbe stata a rumore e la gendarmeria in piedi. Per un momento si credette perduto. Rimase immobile al suo posto, impietrito come la statua di sale, senza osare un movimento. Trascorsero così alcuni minuti; poiché la porta era spalancata, s'arrischiò a guardare nella camera. Nulla si era mosso. Tese l'orecchio: nulla si moveva nella casa. Il rumore del cardine arrugginito non aveva svegliato nessuno. [...] XII - IL VESCOVO LAVORA L'indomani, al sorger del sole, monsignor Bienvenu passeggiava in giardino, quando la signora Magloire accorse, tutta sconvolta. "Monsignore, monsignore," gridò. "Sa vostra grandezza dove sia il cesto dell'argenteria?" "Sì," disse il vescovo. "Gesù sia benedetto!" ella riprese. "Non sapevo più che ne fosse." Il vescovo aveva raccattato allora allora il cesto in un'aiuola e lo presentò alla signora Magloire. "Eccolo." "Ma come!" ella fece. "Non c'è dentro nulla! E l'argenteria?" "Ah!" ribatté il vescovo. "Allora è l'argenteria che vi preoccupa. Non ne so nulla." "Oh, grande e buon Dio! L'hanno rubata! L'ha certo rubata l'uomo di ieri sera!" E in un batter d'occhio, con tutta la vivacità di vecchietta svelta, la signora Magloire corse all'oratorio, entrò nell'alcova e tornò dal vescovo, che s'era chinato e stava osservando, con un sospiro, una pianta di coclearia dei Guillons che il paniere aveva rotta, cadendo attraverso l'aiuola. Si rialzò al grido della signora Magloire. "Monsignore! L'uomo è partito e l'argenteria è sparita!" E, mentre gettava questa esclamazione, i suoi occhi si fissavano sopra un angolo del giardino dove si scorgevan le tracce d'una scalata; la sommità del muro era sgretolata. [...] Andò verso il camino, prese i due candelieri d'argento e li portò a Valjean. Le due donne lo guardavano fare senza una parola, un gesto, uno sguardo che potesse disturbare il vescovo. Jean Valjean tremava tutto; prese macchinalmente i due candelieri, con aria smarrita. "Ed ora," disse il vescovo "andatevene in pace. A proposito: quando tornerete, amico mio, sarà inutile che passiate dal giardino. Potrete sempre entrare ed uscire dalla porta della strada, che è chiusa giorno e notte solo col saliscendi." Poi, volgendosi verso i gendarmi, disse loro: "Signori gendarmi, potete andare." Jean Valjean pareva stesse per svenire. Il vescovo gli si avvicinò e gli disse a bassa voce: "Non dimenticate, non dimenticate mai che m'avete promesso di impiegare questo denaro per diventare un uomo onesto." Valjean, che non si ricordava d'aver promesso, rimase stupefatto; il vescovo aveva accentuato quelle parole in particolar modo, mentre le pronunciava, e riprese poi con una specie di solennità: "Jean Valjean fratello mio, voi non appartenete più al male, ma al bene. Acquisto la vostr'anima, la tolgo ai cupi pensieri ed allo spirito di perdizione e la do a Dio."