Le frecce di Basilea e le faretre degli informatici Marco Lazzari Esercizio di riscaldamento per l'esame di maggio Sommario: i rientri suggeriscono il livello del titolo Le frecce e il bersaglio Lo stile Titolo 2 ha carattere bianco su sfondo nero Su strade e autostrade italiane si incontra spesso il cartello che intima "Polizia stradale - Controllo elettronico della velocità". È molto raro che in corrispondenza di quel cartello ci sia anche l'indicazione della velocità limite in quel tratto di strada, né questa è sempre immediatamente deducibile dal contesto. Viene da chiedersi quale sia la funzione del cartello, se esso sia da intendersi come un'indicazione, un consiglio o una minaccia. Facendo di nuovo riferimento al modello di Jakobson, si tratta di una comunicazione che ha funzione conativa, ma che è priva di funzione referenziale (o espressiva), in quanto non fornisce informazioni contestuali che indirizzino l'autista a stabilire quale velocità è indicata ad affrontare il percorso. Usando la tassonomia di Searle lo si potrebbe definire un atto linguistico subdolamente direttivo, la cui forza allocutiva fa leva sul senso di colpa di chi legge. Il rischio è quello della frenata improvvisa, che mette in pericolo il veicolo e quelli che lo seguono; dunque, e di nuovo, un comportamento non precisamente conforme alle intenzioni dell'autore (se così si può dire), che con una maggiore attenzione al probabile comportamento dell'utenza potrebbe ottenere risultati meno perniciosi. Un paragrafo con le o sottolineate Nel mondo della comunicazione ipertestuale è frequente il caso in cui la funzione persuasiva dei messaggi, principalmente quelli contenuti nelle aree sensibili degli ipertesti, oscura quella informativa. Il caso del "Clicca qui" è noti a tutti; meno noti sono certi subdoli sistemi di induzione all'apertura di una pagina web tramite messaggi che portano a credere che la sicurezza del proprio elaboratore sia in pericolo, o addirittura tramite falsi pulsanti di chiusura, che fanno credere all'utente di essere sul punto di chiudere una finestra di pubblicità, mentre invece l'effetto risultante è quello di aprire proprio il messaggio che non si intendeva visualizzare. È singolare rilevare come spesso le piccole finestre web pubblicitarie di richiamo, che ospitano collegamenti a pagine di dettaglio sui prodotti o servizi proposti, siano un'unica grande sede di collegamento; ovvero, in qualunque punto della finestra si clicchi con il puntatore, si attiva il collegamento alla pagina destinazione del collegamento ipertestuale. Al contrario, spesso i link delle comuni pagine web informative sono ospitati da stringhe di caratteri di modeste dimensioni (il "qui" di "Clicca qui") o da aree grafiche sensibili di limitata estensione (il cerchietto che identifica una città su una mappa), rendendo difficile all'utente l'operazione di puntamento. La legge di Fitts In questo senso il "lato oscuro del web" sembra cogliere meglio quanto espresso da decenni dalla (troppo spesso disattesa) legge di Fitts; in termini matematici essa dice: T = a + b log2( d/p + 1 ) con: T = tempo d = distanza fra il dispositivo di puntamento e l'area da raggiungere p = profondità dell'area misurata rispetto all'asse dello spostamento a, b = coefficienti ricavabili sperimentalmente a seconda delle situazioni Applicando la legge di Fitts al caso bidimensionale dell'uso del mouse sullo schermo, come illustrato in figura, la si può interpretare dicendo che il tempo necessario per centrare la sede di un collegamento ipertestuale è funzione, oltre che della posizione relativa del collegamento rispetto al punto di partenza del movimento del mouse, anche della dimensione della sede del link rispetto alla direzione del movimento. In parole povere, quanto più la stringa o il pulsante da ciccare sono "profondi" rispetto alla direzione del movimento, tanto più facilmente saranno centrati al primo colpo, senza bisogno di aggiustamenti di tiro e ulteriori movimenti del mouse. Una relazione di per sé banale, una volta esplicitata, ma che molto spesso viene trascurata dai progettisti ipermediali, con indubbi svantaggi per i destinatari della comunicazione, con disagi ancora maggiori per i molti utenti disabili del web, ma anche per gli stessi emittenti, che rischiano di compromettere l'efficacia del messaggio a causa della sua scarsa "maneggevolezza". Testo tratto da: Marco Lazzari, “Le frecce di Basilea e le faretre degli informatici”, in Giuseppe Bertagna (a cura di), Scienze della persona: perché, Rubbettino, 2006. http://www.unibg.it/lazzari/doc/le_frecce_di_basilea_e_le_faretre_degli_informatici.htm