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MARCO LAZZARI?        

: Univ. di Bergamo > Dipartimento di Scienze della persona > Marco Lazzari > La comunicazione dei pre-adolescenti in Rete

L'uso degli strumenti telematici fra gli studenti della scuola secondaria di primo grado

di Alessandra De Fiori e Marco Lazzari

Introduzione

In questa nuova analisi di alcune tra le dinamiche relazionali interne al mondo giovanile, accanto alle voci degli studenti della scuola secondaria di secondo grado proposte nei capitoli precedenti, hanno trovato spazio anche quelle di 455 studenti del grado di istruzione inferiore, la cui età è compresa tra gli 11 e i 14 anni, anche se non mancano studenti di 15 e 16 anni, che nel nostro campione di riferimento rappresentano il 3,3% del totale.

Sebbene attraverso un questionario meno articolato di quello predisposto per i ragazzi tra 15 e 19 anni, e senza avvalersi delle interviste, l'indagine ha inteso rilevare le percezioni e i punti di vista dei ragazzi a proposito dei legami che essi costruiscono e mantengono nel duplice spazio reale e virtuale, il primo costituito da luoghi concreti come per esempio la scuola, i contesti associativi, le strutture sportive, e il secondo definito dai sistemi di comunicazione telematica e in particolar modo dai social networks. Anche nel nostro caso, prima di passare all'analisi dei dati è opportuno sgombrare il campo da ogni pretesa di esaustività e oggettività assoluta, concordando con quanto detto nell'analisi del questionario delle superiori sul fatto che i dati raccolti sono da considerarsi soprattutto "finestre sul mondo dei ragazzi".

Sullo sfondo della nostra indagine vi era la convinzione che i contesti reali e quelli virtuali costituissero scenari equivalenti per importanza (Lazzari, & Jacono Quarantino, 2010), nei quali i ragazzi si muovono con disinvoltura, capaci di cogliere appieno le opportunità specifiche proprie di entrambi i contesti; in realtà, le risposte del campione di riferimento ci consegnano una conferma soltanto parziale.

È sicuramente possibile affermare che creare legami, costruire relazioni, avere amici è importante per tutti i ragazzi; infatti, il 90,0% di loro dichiara che avere molti amici è importante (molto importante per il 57,4%, abbastanza importante per il 33,5%), ma un numero ancora maggiore di studenti chiarisce come sia ancora più determinante creare legami significativi; il 99,7% dell'intero campione [NOTA: Percentuale ottenuta dalla somma delle scelte alle opzioni "molto importante" e "abbastanza importante"] distingue tra amici e buoni amici e sottolinea quanto sia essenziale avere soprattutto questi ultimi. Questa distinzione pone l'accento sulla qualità delle relazioni, che risulta evidentemente più sostanziale rispetto alla quantità, probabilmente in virtù del fatto che i legami interpersonali sono funzionali alla realizzazione di altri obiettivi, rintracciabili negli items "essere apprezzato dagli altri" e "sentirsi parte di un gruppo", che gli studenti dichiarano importanti nella loro vita nel 95,3% e nell'88,1% delle risposte date e che gli estensori del questionario hanno voluto intendere come inerenti in particolar modo alla costruzione dell'identità.

Ulteriori conferme del valore sostanziale dei legami tra pari ci vengono da altre sezioni del questionario, riguardanti per esempio le attività di quello che potremmo considerare un "pomeriggio tipo" degli studenti che hanno partecipato alla nostra indagine; in questo caso, l'84,3% dei rispondenti dichiara di passare del tempo con gli amici, in misura variabile da meno di un'ora a più di tre ore. Considerando parallelamente ciò di cui i ragazzi pensano di poter fare a meno, troviamo che il 42,7% del campione esclude decisamente di poter restare senza amici, mentre il 45,1% pensa che sia molto difficile o che lo si possa fare, ma a fatica (Tabella 1).

  Meno di un'oraFra una e due oreDa due a tre orePiù di tre ore
Stare in compagnia di amici15%21%21,7%26,6%
Stare in Internet (facendo qualcosa, non la semplice connessione attiva)33,8%23,9%9,5%7,7%
Guardare la TV10,4%35,5%13,2%8,6%
Fare Sport11,8%28,7%18,3%11,8%

Tabella 1 - Domanda: Pensa al pomeriggio di ieri quanto tempo hai dedicato a?

Per sottolineare la rilevanza dei contatti con gli amici, possono essere utili le risposte alle domande della sezione appena analizzata, ma che riguardano la rete: i ragazzi che passano da meno di un'ora a più di tre ore in rete corrispondono al 74,9% del campione; la differenza non sembra eclatante, ma una lettura più specifica dei singoli dati chiarisce alcuni aspetti rilevanti: i ragazzi che hanno dichiarato di passare tra due a più di tre ore del loro pomeriggio tipo con gli amici sono il 48,3%; quelli che dichiarano lo stesso per la rete sono il 17,2%. Considerando nuovamente ciò a cui i ragazzi pensano di non poter fare a meno, la rete risulta irrinunciabile per il 20,6% del campione, mentre il 44,4% ne farebbe a meno con difficoltà o a fatica. La Tabella 2 mostra come i dati relativi all'uso del cellulare siano in linea con quelli rilevati per la rete, mentre quelli riguardanti i videogiochi dimostrano come questi risultino abbastanza marginali per i preadolescenti.
  NoÈ difficileSì, ma a fatica
Cellulare21,3%17,2%23,7%37,8%
Internet20,6%20,6%23,8%35%
Uscire con gli amici42,7%22,9%22,2%12,1%
Videogiochi14,1%11,4%15,7%58,8%

Tabella 2 - Domanda: Pensi di riuscire a rimanere senza…

È però indubbio che per questi nostri giovanissimi la presenza in rete sia una costante: i dati del nostro questionario confermano che praticamente la quasi totalità del campione (il 99,7%) ha libero accesso ad un computer [NOTA: Il 42,8% del campione ha un computer personale, il 51,7% lo condivide con i familiari, il 3,7% può chiederlo in prestito ad un familiare quando ne ha bisogno], il 95,1% dispone di una connessione a Internet in casa e il 79,1% frequenta la rete in modo assiduo [NOTA: l termine "utilizzatore assiduo" si associa alla definizione di "utilizzatore frequente" proposta da Shneiderman e Plaisant (2009)]; ed è interessante notare come, in una fascia di età in transito tra l'infanzia e l'adolescenza, l'utilizzo del computer per giocare (42% del campione) sia meno rilevante rispetto all'uso frequente della connessione per attività legate allo studio: 423 ragazzi dichiarano di servirsi di Internet in questo senso, soprattutto per cercare informazioni e approfondimenti (87% del campione) [NOTA: I dati del Rapporto Istat "Cittadini e nuove tecnologie" del 2011 confermano le rivelazioni illustrate, indicando come il 91,4% dei giovani tra 11 e 14 anni utilizzi motori di ricerca per trovare informazioni] e per consultare dizionari online (60,3% del campione); l'uso delle chat o delle e-mail per fare i compiti con i compagni o chiedere aiuto e suggerimenti risulta invece più limitato (25,8%); a questa percentuale si aggiunge però un altro 9,2% del campione che utilizza Facebook per confrontarsi con i compagni a proposito dei compiti.

I nostri ragazzi non sembrano sottoposti da parte dei familiari a un controllo particolarmente serrato quando sono in rete: solo al 51,9% di loro vengono rivolte domande sulle attività svolte in connessione, mentre il 34,4% dichiara di non essere oggetto di alcun controllo; le madri sembrerebbero maggiormente interessate dei padri a quanto i figli combinano in rete (44,2% contro il 20,9%), ma anche fratelli e sorelle esercitano una qualche forma di sorveglianza o di tutoraggio (11,6%).

Sebbene tutti i ragazzi del campione siano fruitori della rete, abituati a muoversi nel contesto virtuale e sebbene tutti abbiano bisogno di costruire legami all'interno dei quali riconoscersi, non sembra affatto automatico trasferire questo bisogno nello spazio virtuale, che risulta non essere ancora contesto di socializzazione per una parte non indifferente del campione. Se, infatti, prendiamo in considerazione i dati emersi dal questionario somministrato nelle scuole secondarie di secondo grado, i ragazzi che dichiarano di accedere a Facebook o ad altro social network costituiscono il 90,3% del campione, laddove invece nel campione di scuola secondaria di primo grado gli undicenni dichiarano di avere un profilo (oggi diario) in Facebook nel 40% dei casi; i dodicenni nel 47,3%, i tredicenni nel 55,6% e i quattordicenni nel 67%; abbiamo inoltre rilevato un 4,6% di ragazzi che non hanno un account in Facebook, ma usano un altro social network (Netlog, Twitter, Orkut).

La differenza è evidente, e sembra non dipendere da condizioni strumentali quali possesso di un computer o connessione a Internet in casa, come già precedentemente illustrato; sembra invece assai più probabile che l'importanza di avere un account in Facebook, e così agire nel contesto virtuale per tessere e mantenere relazioni, sia correlata al progredire dell'età. A questo proposito ci pare particolarmente significativo il dato relativo alla presenza in Facebook degli undicenni e dei dodicenni perché, al momento della nostra indagine, l'età minima per poter creare un account sul social network era 13 anni [NOTA: L'età minima di accesso è stata fissata a 13 anni dalla legge federale Children's Online Privacy Protection Act (COPPA) , promulgata negli USA del 1998]; una minore rilevanza degli studenti di questa età tra il popolo di Facebook potrebbe quindi essere spiegata da questo limite, ma soltanto in parte. Infatti, il divieto (peraltro facilmente aggirabile, come dimostrano sia i dati rilevati nel nostro questionario che le stime ISTAT) riguarda in egual misura undicenni e dodicenni, eppure questi ultimi risultano più presenti su Facebook.

Il fenomeno dei minori under 13 iscritti a Facebook è decisamente rilevante, poiché riguarda circa sette milioni e mezzo di minori, tra cui 5 milioni avrebbero meno di 10 anni. I gestori stessi del social network sono stati costretti, nel 2011, a cancellare ogni giorno oltre 20.000 account creati da utenti che non possedevano i requisiti di età richiesti e sono arrivati a ventilare l'ipotesi di permettere l'accesso anche ai minori di 13 anni, consentendo la registrazione dei bambini a condizione dell'esercizio di una sorta di parental control da parte di uno dei genitori (Troianovski, A. & Raice, S., 2012). Questa forma di tutoraggio dovrebbe garantire una maggiore assunzione di responsabilità, da parte dei genitori, riguardo all'insegnamento di un corretto uso del network, nonché consentire loro una certa forma di controllo sulle applicazioni utilizzabili, sui contenuti da rendere visibili ai figli e sulla scelta degli amici. Questa sembra la strategia migliore per proteggere i minori di 13 anni, in quanto è risultato evidente ormai da tempo quanto sia difficile far rispettare le restrizioni di età; secondo boyd, Hargittai, Schultz, e Palfrey (2011), non soltanto i genitori non vigilano sulle attività in Internet dei propri figli, ma spesso li aiutano ad aggirare il limite dell'età per accedere a Facebook, nell'intento di far sì che prendano confidenza con il mondo digitale o perché sfiancati dalle continue insistenze da parte dell'under 13. Nei peggiori dei casi, essi sono del tutto inconsapevoli che il proprio figlio sia già iscritto a Facebook.

Questa nuova iniziativa di Facebook ha diviso in due l'opinione pubblica: da una parte chi sostiene che sia giusto riconfigurare questo spazio (peraltro già ampiamente frequentato), così da garantire la sicurezza anche dei più piccoli; dall'altra parte, chi ritiene Facebook un luogo inappropriato per i minori, che li espone alle minacce della pedofilia e del cyberbullisno, e che dovrebbe quindi restare precluso agli under 13.

Sulla base della nostra analisi, sembra dunque possibile sostenere che, effettivamente, i ragazzi tra 11 e 14 anni preferiscano costruire e gestire legami e amicizie nei contesti reali piuttosto che in quelli virtuali, indicando come maggiormente favorevoli agli incontri la scuola, dove il 94,3% del campione dice di avere trovato un buon numero dei propri amici [NOTA: dati comprendono le risposte "molti" e le risposte "abbastanza"], i centri di aggregazione come gli oratori (indicati dal 65,5% del campione), le strutture sportive (65%), i contesti familiari (58,2%), le amicizie comuni (52%), le comunità religiose (47,3%), i luoghi di vacanza (32,4%), le associazioni (26,4%).

Questo non significa, peraltro, che esista per i preadolescenti una vera e propria dicotomia tra relazioni virtuali e relazioni reali, perché queste sembrano caratterizzarsi come modalità di socializzazione che possono, a scelta dei protagonisti, diventare complementari oppure restare completamente distinte. E non si conferma neppure il timore diffuso che la frequentazione assidua di contesti virtuali possa scoraggiare incontri nei contesti reali dove agire relazioni faccia a faccia; al contrario, la stima delle amicizie costruite dai ragazzi del nostro campione con account in Facebook in luoghi quali le associazioni, le attività sportive, i contesti familiari e le amicizie in comune, risulta superiore alla media, come per altro già mostrato dalla precedente ricerca dell'Osservatorio OSCARV@bg (Lazzari & Jacono Quarantino, 2010).

Certamente, pur non sostituendo modalità di aggregazione più tradizionali e consuete, la rete appare indiscutibilmente come un modo altro di relazionarsi, specifico e particolare, soprattutto in riferimento a Facebook.

Il cuore dell'indagine: l'uso di Facebook

Per prima cosa, come già evidenziato nella prima campagna di indagine con i ragazzi delle scuole superiori (De Fiori, Jacono Quarantino & Lazzari, 2010), Facebook si conferma uno strumento utile soprattutto per mantenere legami sociali precedentemente costruiti nel contesto reale, comprendendo sia i contatti con chi si ha occasione di frequentare raramente o affatto, sia i contatti con chi si incontra quotidianamente a scuola o nel tempo libero: il 74% degli studenti del nostro campione di riferimento ha dichiarato di utilizzare il social network per mantenere il primo tipo di relazioni, e il 70,4% di loro interagisce soprattutto con le persone che frequenta a scuola e nel tempo libero [NOTA: Ci si riferisce in questo caso ai soli studenti che hanno dichiarato di avere un account in Facebook].

I nostri studenti hanno un buon numero di amici in Facebook: il 34,9% dei rispondenti dichiara di averne tra 101 e 350, il 22,7% ne conta tra 351 e 500 e il 20,4% stima di averne tra 0 e 100; numeri apparentemente così elevati sono ormai considerati abituali nel mondo delle relazioni virtuali, e infatti, secondo il parere di oltre il 62% dei ragazzi del nostro campione, avere tanti amici in Facebook non è indice di superficialità.

Facendo riferimento ai dati di un'interessante analisi inerente la correlazione tra ampiezza della rete di amici di un utente di social networks e indici di attribuzione di caratteristiche apprezzabili quali popolarità, estroversione e prestigio sociale (Tong, Van Der Heide, Langwell, & Walther, 2008), la maggior parte del nostro campione si colloca in quella fascia di utenti considerata dagli osservatori come più socialmente prestigioso.

I risultati della ricerca hanno infatti evidenziato una relazione curvilinea ad U tra il numero di amici dichiarati e la percezione, da parte dell'osservatore, del prestigio sociale del possessore; all'apice della relazione curvilinea si trovava la condizione con 302 amici; al contrario, al possessore del profilo con un numero di amici pari o inferiore a 102 veniva attribuito un prestigio sociale molto basso; ma anche coloro che annoverano fino a 502, 702, 902 amici ricevevano un giudizio ugualmente basso, dimostrando che gli individui che hanno troppo pochi o troppi amici sono percepiti più negativamente di quelli che ne hanno un numero medio, considerato evidentemente ottimale per instaurare rapporti non superficiali [NOTA: Gli osservatori della ricerca citata deducono che un individuo con un eccessivo numero di amici non può averli accumulati come risultato della sua estroversione, ma piuttosto spendendo una gran quantità di tempo cercando di creare connessioni in un ambiente computer mediated dove si sente più sicuro che in un'interazione sociale faccia a faccia].

Altre due interessanti ricerche rivolgono alla questione uno sguardo diverso: uno studio condotto presso la Western Illinois University su 294 soggetti tra i 18 e i 65 anni di età (Carpenter, 2012) correla il narcisismo al numero di amici su Facebook. Nella ricerca sono stati incrociati i dati relativi all'utilizzo abituale di questo social network con i dati, precedentemente rilevati sui soggetti della ricerca, correlati a due elementi di narcisismo socialmente distruttivo, cioè l'esibizionismo grandioso proprio di chi necessita di essere sempre al centro dell'attenzione, a qualsiasi costo, e la tendenza allo sfruttamento, propria di soggetti propensi a manipolare gli altri e a cercare di trarne il massimo vantaggio.

I risultati hanno reso evidente come un elevato punteggio relativo all'esibizionismo grandioso fosse correlato con un maggior numero di amici su Facebook, nonché a comportamenti di "autopromozione" come postare update del proprio status, foto di sé stessi e aggiornamenti del proprio profilo personale; invece un punteggio elevato riguardo a entrambi questi elementi si correlava con una maggiore propensione ad accettare richieste di amicizia da sconosciuti e con comportamenti antisociali sul social network, come rispondere in maniera aggressiva ai commenti negativi ricevuti.

Un altro studio sembra dimostrare che il numero di amici che ciascuno ha in Facebook sia correlato alla percezione della propria vita come soddisfacente o meno: secondo Mukesh e Goncalves (2012), buona parte delle idee che ciascuno elabora a proposito del proprio successo personale dipende dalla comparazione tra la propria vita e quella degli altri: in questo senso, un consistente numero di amici in Facebook obbliga a un continuo paragone con le loro bellissime vacanze, con la loro soddisfacente vita sentimentale, con i loro successi professionali, e così via. Di conseguenza, più tempo si trascorre su Facebook tra i post degli amici, più si rischia di percepire la propria vita come poco soddisfacente; in particolar modo se il numero degli amici supera i 354.

Pare, del resto, che avere una lista eccessivamente ricca abbia ormai perso appeal; un recente studio presentato dalla Pew Internet & American Life (2012) e realizzato dalla Princeton Survey Research Associated ha registrato un nuovo fenomeno, battezzato defriending, secondo il quale gli utenti di Facebook sembrano procedere con sempre maggiore frequenza alla cancellazione di contatti superflui, preferendo un elenco più selezionato e ristretto di amici qualitativamente più significativi [NOTA: È opportuno precisare che il campione di riferimento si compone di 2277 soggetti dai 18 anni in su]. In altre parole, gli utenti sono forse maggiormente consapevoli dell'opportunità di rinunciare a qualche contatto scegliendo di condividere informazioni, pensieri e foto personali con un gruppo più elitario, allontanano il rischio di sbirciatine sgradite.

L'età sembra incidere sul numero di amici che gli studenti del nostro campione dichiara di avere in Facebook: come si può evincere dalla tabella seguente, con l'aumentare dell'età diminuisce il numero di studenti che dichiara di avere tra 0 e 100 amici, mentre aumenta quello degli studenti che rispondono di avere tra 351 e 500 amici (Tabella 3).

  12enni13enni14enni
Da 0 a 10027,9%20,0%13,8%
Da 101 a 35037,7%33,6%34,5%
Da 351 a 50011,5%26,4%29,6%
Da 501 a 100016,4%14,5%15,5%
Da 1001 e oltre6,6%5,5%8,6%

Tabella 3 - Domanda: Quanti amici hai indicativamente in Facebook?

Confrontando i dati con quelli del questionario contemporaneamente somministrato nelle scuole superiori, risulta inoltre evidente come i preadolescenti abbiano meno contatti in rete dei loro compagni di età compresa tra i 15 e i 19 anni; anche questo dato potrebbe confermare l'ipotesi già avanzata secondo la quale l'interesse per le lo spazio di socializzazione virtuale cresca con l'aumentare dell'età degli studenti.

Dal confronto tra il numero di amici dichiarati nel contesto reale e quelli dichiarati nel contesto virtuale non è emersa una correlazione significativa tra le due realtà; in altri termini, chi ha tra 101 e 350 amici in Facebook può indifferentemente avere da 1 a 5, da 6 a 10, da 10 a 30 o più di 30 amici reali.

Rimane comunque uno scarto notevole, in termini numerici, tra gli amici veri e gli amici virtuali; se una prima spiegazione del fenomeno va ricercata nei presupposti stessi che sostengono Facebook, e cioè il suo utilizzo (la sua creazione, all'origine) per mantenere i contatti con persone non fisicamente raggiungibili, non bisogna dimenticare che il termine "amico" non ha lo stesso valore in Facebook e offline (Tong et al., 2008); ciò che caratterizza le relazioni online è soprattutto ciò che viene definito friending (Ellison, Steinfield, & Lampe, 2007) e che prevede sia la sollecitazione di relazioni di amicizia tra partner appena conosciuti, sia l'accettazione di richieste di amicizia da parte di un utente sconosciuto; così, la dimensione della rete di amici apparenti di qualcuno in un sistema come Facebook può facilmente diventare più grande della rete di amicizie offline (Walther, Van Der Heide, Kim, Westerman, & Tong, 2008).

Anche per quanto attiene alle sole amicizie online, Marlow (2009) in uno studio sulle dinamiche sociali degli utenti iscritti a Facebook ha operato una distinzione qualitativa degli amici sulla base dei diversi tipi di comunicazioni di contatto che il social network mette a disposizione dell'utente. La ricerca ha dimostrato come l'impegno relazionale nei confronti delle diverse tipologie di amici sia decisamente diverso: in presenza di una lista di 500 amici, la comunicazione reciproca (che prevede cioè scambi e rimandi continui) coinvolge 10-16 amici; con una lista di 150 amici scendono a 7-5.

Tra gli amici degli studenti della nostra indagine ci sono i loro genitori: il 35,8% del campione si pronuncia in questo senso. Il dato è importante, soprattutto se incrociato con gli altri items della sezione del questionario "I miei genitori?"; emerge infatti che, in 76 casi sui 90 totali che costituiscono la percentuale precedentemente citata, la presenza dei genitori non è limitata all'accettare (o chiedere?) l'amicizia dei figli, ma si correla variamente ad alcune forme di vigilanza quali avere la password dei figli, dare loro dei limiti di tempo per l'utilizzo del social network, fare domande su quanto i figli facciano in rete. è quindi possibile ipotizzare che i genitori siano amici dei figli con fini "strategici" di sorveglianza delle attività che questi svolgono in rete.

Sembra, peraltro, che i ragazzi non ne siano particolarmente disturbati; infatti, soltanto 5 ragazzi, tra quelli che hanno nella lista degli amici anche i genitori, dichiara di aver attivato un filtro nelle impostazioni della privacy per non rendere visibile tutta la propria attività su Facebook.

Considerando in generale le domande relative ad una possibile difesa della propria privacy da eventuali incursioni di parenti e familiari, il 9% del campione dichiara di non accettare le richieste di amicizia di questi ultimi proprio perché non desidera condividere quanto scrive; il 22,8% del campione, che evidentemente accetta quelle richieste, ammette di utilizzare filtri che limitino la visibilità dei contenuti

Una percentuale ancora una volta significativa del campione (27,6%) annovera tra gli amici anche i propri insegnanti.

Questo dato apre una riflessione più generale su alcuni aspetti del coinvolgimento dei docenti nelle relazioni online, che sono ormai una costante per una buona parte dei loro studenti.

Potrebbe essere interessante partire da alcune notizie apparse sui quotidiani nazionali, tra le quali la prima, pubblicata da Repubblica il 6 dicembre del 2011, riportava la decisione del capo di istituto di una scuola secondaria di primo grado di Albisola Superiore di proibire ai docenti di essere amici dei loro studenti in Facebook. Il caso non è unico: il 19 marzo 2012 il Messaggero Veneto divulgava una notizia analoga, riferita a un Istituto Superiore di Cervignano, in provincia di Udine. In questo caso il Dirigente Scolastico, richiamandosi alla deontologia della professione docente, ha duramente condannato la mescolanza di amicizie online che coinvolgono adulti, parenti, adolescenti e studenti che frequentano le classi di quegli stessi insegnanti. Ciò che il Dirigente citato trovava particolarmente inopportuna era una presunta relazione paritaria docente-alunno, laddove invece è assolutamente necessario non confondere i ruoli propri di ciascuno: i professori non sono amici degli studenti e non ne devono diventare i confidenti.

Naturalmente, sono stati subito espressi punti di vista diametralmente opposti: il sito ilsussidiario.net riportava, a seguito del primo caso trattato, la posizione di un altro Dirigente Scolastico, incaricato presso un istituto di Siena, che riteneva invece che "esserci" su Facebook fosse un'occasione educativa importante per i docenti, al fine di aiutare i propri studenti a non fare un uso improprio del social network stesso, invitandoli a prestare attenzione a quanto pubblicano e ricordando loro che, anche se apparentemente può sembrare così, non stanno affatto scrivendo sul loro diario personale; secondo questo capo di istituto, Facebook può essere ritenuto un ulteriore strumento a disposizione dei docenti, da usare naturalmente in modo intelligente.

È chiaro che il piano sul quale spostare la riflessione è proprio quello educativo: Facebook richiama il cortile di Don Bosco, nel quale l'educatore deve scendere a giocare con le maniche arrotolate se vuole davvero conoscere i ragazzi che gli sono affidati ed entrare in una relazione significativa con loro, evitando atteggiamenti pseudo-confidenziali e mantenendo distinti i ruoli di ciascuno; l'insegnante, cioè, non deve mai dimenticare di essere tale (e di agire in questa veste) anche quando è amico dei propri studenti in Facebook. Si tratta di abitare insieme uno spazio diverso, comunicando con strumenti differenti, ma con modalità relazionali che non sono poi così distanti da quelle auspicabilmente agite nella classe, dove l'adulto è il riferimento, la guida, l'esempio; e la sua scelta di essere su Facebook non assume i contorni della complicità, ma nemmeno quelli del giudizio, quanto piuttosto, quelli dell'aver cura.

Le possibilità che si aprono sono davvero molte, sia per quanto riguarda l'aspetto inerente l'educazione alla relazione, sia per quanto riguarda l'aspetto didattico-metodologico [NOTA: cfr. http://facebookforeducators.org/].

In altra sede, varrebbe la pena di indagare più approfonditamente quanto la diffidenza di alcuni dirigenti (e docenti) sia dovuta al digital divide, cioè alla distanza che si crea tra gli studenti nativi digitali e i docenti che, talvolta, non sono nemmeno immigrati digitali; sappiamo come la relazione educazione/pedagogia - nuovi media non sia mai stata particolarmente agevole, caratterizzata soprattutto dal sospetto che i nuovi mezzi possano turbare gli equilibri che la società ha già faticosamente stabilito con quelli precedenti (Rivoltella, 2010); è però facilmente intuibile come esasperare la divaricazione tra l'esperienza dei ragazzi e il sistema formativo finirebbe per disincarnare l'educazione, allontanandola dal mondo reale e dal suo compito essenziale, cioè quello di offrire ai giovani quel supporto e quell'orientamento di cui hanno bisogno.

Tornando alla nostra indagine, purtroppo le domande poste ai ragazzi non consentono di individuare con precisione le ragioni per le quali gli studenti chiedono ai loro docenti l'amicizia in Facebook; risulta quindi impossibile verificare se, anche per i nostri giovanissimi, valga quanto rilevato da un sondaggio pubblicato su skuola.net alla fine di settembre 2012 (che peraltro indica come solo l'8% degli studenti dichiari di avere tra i propri amici in Facebook anche i docenti, una percentuale molto inferiore a quella dedotta dal nostro campione), secondo il quale sembrerebbe che, il più delle volte, l'insegnante rappresenti solo una unità in più da aggiungere alla lista degli amici, con i quali però gli studenti o non hanno nessun tipo di rapporto o l'hanno limitatamente all'attività scolastica (docenti che postano i compiti assegnati).

Sembra inoltre che non siano pochi i ragazzi che hanno dichiarato di non aver aggiunto i loro insegnanti fra gli amici di Facebook perché non desiderano rendere visibili ai docenti le cose che pubblicano, temendo un giudizio negativo nei loro confronti che potrebbe arrivare perfino a compromettere la valutazione scolastica.

L'impressione che si ricava dai docenti è invece molto diversa (De Fiori, 2010); il docente-adulto autorevole, significativo, ritenuto degno di fiducia non è bandito da Facebook; al contrario, i ragazzi hanno bisogno della relazione con questo adulto, al punto da andarlo a cercare, se necessario. E non semplicemente per avere la possibilità di aggiungerlo alla lista dei contatti, ma alla ricerca di ascolto e consiglio; perché i docenti sono consapevoli che spesso, su Facebook, si parla di ciò che si tiene celato al mondo reale: si esprimono le proprie emozioni, talvolta il disagio, la tristezza, la solitudine, la fragilità.

È quindi il momento di scoprire, ancora una volta attraverso l'analisi delle risposte date al questionario, cosa i ragazzi pubblichino su Facebook e come si confrontino con questo strumento.

Un considerevole numero di risposte ci rimanda la sensazione che in generale i ragazzi giochino a carte scoperte su Facebook, cercando però di mantenere il controllo, senza consegnare a Facebook un disegno di sè nitido e definito, limitandosi più che altro a tracciare un contorno: convinti che su Facebook una persona non riesca a mostrarsi del tutto per quello che è (75%) [NOTA: La percentuale indicata rappresenta la somma delle voci "non del tutto", "poco, "per niente"], non sembrano interessati a costruire attraverso i contenuti da pubblicare una particolare immagine di sé, e fanno attenzione a non postare nulla di troppo personale o che descriva il loro umore del momento (Tabella 4); probabilmente proprio per questa ragione ritengono di non avere bisogno di mascherare quanto dicono usando frasi vaghe per far sì che non tutti coloro che hanno accesso a quanto scrivono possano comprendere completamente i loro messaggi. Sembra non siano nemmeno particolarmente ansiosi di condividere con i propri amici virtuali eventi significativi, né positivi né negativi, anche se, naturalmente, gli avvenimenti più gioiosi si postano un po' più frequentemente (Tabella 5). Dunque, l'immagine di ritorno che ne abbiamo è che Facebook sia tutt'altro rispetto ad una pagina di diario.

Pubblico e condivido le cose che descrivono il mio umore in quel momento36,1%
Pubblico e condivido le cose che descrivono chi sono21,2%
Pubblico e condivido le cose che danno l'immagine di me che preferisco18,3%

Tabella 4 - Domanda: Indica quali tra le seguenti affermazioni sono vere per te

  SpessoOgni tantoQuasi maiMai
Mi capita di scrivere frasi vaghe perché non voglio che alcune persone capiscano 9,6% 24,7%21,1%44,6%
Sto attento a non pubblicare cose troppo personali50,8%27,2%13,6%8,4%
Quando mi succede qualcosa di speciale non vedo l'ora di raccontarlo su Facebook10,4%25,1%30,7%33,9%
Quando mi succede qualcosa di spiacevole lo scrivo in bacheca5,6%17,9%29,8%46,8%

Tabella 5 - Domanda: Indica tra queste affermazioni quali sono vere per te

Anche per quanto riguarda la scelta delle foto del profilo (Tabella 6), la maggior parte degli studenti ne utilizza un massimo di 50, selezionando quelle dove si piacciono di più, sebbene non necessariamente quelle che li descrivono meglio. Non usano programmi quali Photoshop o altri per modificare le immagini del profilo: l'86,6% non lo fa mai o quasi mai, ma è verosimile pensare che ciò dipenda anche e soprattutto dalla mancanza di competenze informatiche adeguate.

Scelgo le fotografie che mi descrivono meglio34,9%
Seleziono le foto dove mi piaccio di più e uso quelle68,3%
Metto le fotografie/immagini che mi ricordano un episodio o un periodo importante/bello39%
Metto immagini che esprimono il mio umore in quel momento8,8%
Uso fotografie che mi ritraggono con persone alle quali voglio bene per dimostrare loro il mio affetto34,1%
Uso immagini che non mi ritraggono 14,1%

Tabella 6 - Domanda: In base a cosa abitualmente scegli le immagini del tuo profilo?

È possibile ipotizzare, anche alla luce delle ricerche di Zhao, Grasmuck e Martin (2008), che gli atteggiamenti descritti siano correlati al fatto che la maggior parte del campione di riferimento conosce i propri amici virtuali, e li frequenta anche nel contesto reale; non vi è quindi alcuna opportunità nel creare su Facebook alias di se stessi pericolosamente incongruenti, che sarebbero immediatamente smentiti, né nel concedere troppo di sé nello spazio virtuale quando si ha a disposizione lo spazio reale nel quale narrarsi a un pubblico molto più attentamente selezionato.

Del resto, questi ragazzi (68,4%) non ritengono di poter dire su Facebook più di quanto non possano dire a voce a interlocutori reali.

Questi giovanissimi preferiscono utilizzare Facebook per condividere ciò che pensano possa accomunarli agli amici e su cui probabilmente sanno di poter avere un riscontro positivo (Tabella 7); infatti il 63,3% del campione ammette, dopo aver pubblicato qualcosa, di controllare se ci sono notifiche sperando che qualcuno degli amici abbia commentato. Gli studenti confermano l'importanza di questo rimando quando il 76% di loro afferma "Mi fa piacere quando i miei amici mi commentano".

Pubblico e condivido le cose che voglio far vedere ai miei amici74,2%
Pubblico e condivido le cose che piacciono a me a ai miei amici più stretti55,6%
Pubblico e condivido le cose che trovo divertenti67,1%

Tabella 7 - Domanda: Indica quali tra le seguenti affermazioni sono vere per te

Sembra quindi che lo stare su Facebook di questi preadolescenti si confermi più come una delle possibili risposte ad un "bisogno di comunità" nel senso descritto da Bauman (2001), ad un'esigenza di ricevere attenzioni e di essere riconosciuti come membri di un gruppo anche solo attraverso un semplice commento.

I nostri ragazzi appaiono, però, abbastanza cauti rispetto all'autenticità di questa particolare rete sociale, come emerge da quanto restituiscono sulla base della loro lettura delle modalità con cui gli altri utenti vivono Facebook. Come spesso accade, si rende evidente una concreta differenza nelle affermazioni relative ai comportamenti che gli studenti dichiarano propri, caratterizzati da maggiore sincerità e coerenza, controllati e consapevoli, e quelli che attribuiscono agli altri, più performativi e costruiti, volti proprio, al contrario di quanto si dichiara per sé, a mostrare agli altri una particolare immagine di sé: il 74,4% del nostro campione ritiene che molti pubblichino "cose" per piacere agli altri, spesso mentendo (70,4%) o pubblicando solo cose belle su se stessi (64,4%) per far credere agli altri di essere quello che non sono (57,7%); sono infine convinti che le (altre) persone attraverso Facebook riescano a dire cose che spesso a voce hanno paura di dire. In questo, i giovanissimi esprimono sostanzialmente le stesse convinzioni degli studenti della scuola secondaria di secondo grado, consegnandoci molti dubbi rispetto al fatto che l'amicizia virtuale possa, in fondo, riservare qualche piacevole sorpresa, perché non vi è mai la certezza che l'interlocutore sia realmente chi e come dice di essere.

Non è da escludere che la prudenza dei ragazzi del campione sia dovuta al timore, oltre che di incappare nella disapprovazione dei pari, di offrire il fianco alle prevaricazioni dei cyberbulli.

Secondo recenti studi presentati nel corso di un convegno tenutosi lo scorso anno presso l'università di Bologna [NOTA: Progetto Cyberbullying in adolescence: investigation and intervention in six Eu-ropean Countries, relativo a Italia, Grecia, Spagna, Inghilterra, Germania, Polonia], l'uso deliberato di Facebook, Youtube e posta elettronica per diffondere video o contenuti imbarazzanti o diffamatori su qualcuno è un fenomeno in aumento. Rispetto al bullismo tradizionale, gli effetti del cyberbullismo sono molto maggiori, considerando che video o post su un blog possono essere visti da migliaia di persone in tempi diversi, sono sempre disponibili e, soprattutto, è difficile cancellarli in modo definitivo. Inoltre, è un fenomeno molto più difficile da contrastare perché non necessita di relazioni faccia a faccia, e permette quindi ai bulli di nascondersi nell'ombra dell'anonimato o di spacciarsi per altre persone, restando spesso impuniti.

L'indagine da noi condotta non consente di rilevare specifiche conferme in questo senso, però alcuni dati potrebbero confermare l'ipotesi proposta: il 55,4% del campione dichiara infatti di leggere (spesso/ogni tanto) frasi cattive o poco gentili rivolte direttamente ai proprio amici (sebbene solo il 14,4% ammetta di ricevere insulti, commenti cattivi o poco gentili in prima persona) e il 51,7% interviene con i propri commenti in difesa di amici presi di mira.

Conclusioni

L'indagine presentata, integrata dai risultati delle ricerche sull'argomento, conferma l'importanza sostanziale che gli strumenti telematici rivestono già nella preadolescenza, segno evidente di una specificità generazionale che testimonia di un nuovo modo di vivere e di essere (digital lifestyle). Tuttavia, dopo aver centrato lo sguardo in maniera specifica sui contesti di relazione e socializzazione, possiamo affermare che gli spazi reali e quelli virtuali non costituiscono scenari equivalenti per importanza per tutti i preadolescenti: molti di loro scelgono di costruire e mantenere legami nel solo contesto reale, escludendo quello virtuale.

È importante sottolineare come questa scelta non sia, però, definitiva: notiamo infatti, anche alla luce dei dati contemporaneamente rilevati fra gli studenti della scuola secondaria di secondo grado, come l'età sia una variabile fondamentale, inversamente proporzionale al numero dei ragazzi che decide di non utilizzare strumenti virtuali di socializzazione.

In conclusione, i preadolescenti che abitano il contesto virtuale non manifestano la tendenza a sostituire le relazioni faccia a faccia con quelle telematiche, dimostrando invece di applicare il concetto di mixed mode relationships (relazioni che muovono da un contesto elettronico a un contesto face to face, o viceversa; Walther & Parks (2006) sono del resto consapevoli delle differenze relative alla qualità e alla quantità delle relazioni agite nei due diversi contesti e sono consci delle specificità comunicative che li caratterizzano: riconoscono che Facebook consente loro di mantenere relazioni con amici lontani, ma sottolineano l'importanza della qualità delle relazioni con buoni amici, che, spesso, sono gli stessi con i quali ci si incontra nella realtà quotidiana; hanno la percezione, infine, di quanto sia opportuno mantenere, online, una sorta di indifferenziata non identità, così da non concedere troppo di sé stessi ad un interlocutore che, in definitiva, non ha un volto concreto e quindi non è del tutto affidabile.

Bibliografia

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RIFERIMENTO BIBLIOGRAFICO

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Keywords

Pre-adolescenti, pre-adolescenza, comunicazione, Internet, Web, Web 2.0, social networks, Facebook, Bergamo, rischi della Rete, rischi di Internet, competenze digitali, scuola media, scuole medie.

Il libro

Il volume Identità, fragilità e aspettative nelle reti sociali degli adolescenti sul sito dell'editore


Alessandra De Fiori, Marco Lazzari (2013). L'uso degli strumenti telematici fra gli studenti della scuola secondaria di primo grado

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