di Marco Lazzari
Propongo qui una sintesi del capitolo "L'uso di strumenti di comunicazione telematica fra gli adolescenti" che ho pubblicato con Alessandra De Fiori e Marcella Jacono Quarantino nel volume Adolescenti tra piazze reali e piazze virtuali, nel quale sono raccolti i contributi dei vari componenti del gruppo di progetto che ha lavorato fra il 2009 e il 2010 a un'indagine su modi, luoghi e tempi della comunicazione fra adolescenti a Bergamo.
Il progetto è stato promosso da Medas (Movimento educativo diritto allo studio) e coinvolto Ufficio Scolastico Provinciale di Bergamo (ex Provveditorato agli Studi), Università degli Studi di Bergamo (Facoltà di Scienze della formazione), Asl di Bergamo, Ufficio giovani del Comune di Bergamo, Consulta provinciale studentesca, Piazza del Patronato San Vincenzo, Associazione genitori Coor.Co.Ge., Fondazione Bergamo nella storia - Museo storico di Bergamo.
I risultati della ricerca sono stati presentati il 16 aprile 2010 nel corso di un convegno dal titolo Piazze reali, piazze virtuali, tenuto nella sede di Sant'Agostino dell'Università di Bergamo.
In questa pagina sono riassunte alcune delle riflessioni proposte nel capitolo,
del quale si può
scaricare la versione integrale
in formato PDF (440 KB).
Se volete citarlo:
Alessandra De Fiori, Marcella Jacono Quarantino, Marco Lazzari, "L'uso di strumenti di comunicazione telematica fra gli adolescenti", in Adolescenti tra piazze reali e piazze virtuali, a cura di Marco Lazzari e Marcella Jacono Quarantino, Bergamo University Press, 2010
Nel blog invece faccio quattro chiacchiere informali su adolescenti, uso delle fotografie, social networks, consapevolezza, rischi della rete.
Nell'ambito della ricerca sulle piazze reali e virtuali,
si è costituito un gruppo di lavoro principalmente orientato a mettere
a fuoco l'aspetto virtuale della comunicazione fra gli adolescenti attraverso un'indagine basata
sulla somministrazione di un questionario campione di
oltre 1400 studenti
delle scuole superiori di Bergamo.
Il questionario era composto da 7 domande introduttive per definire lo studente,
seguite da
100 domande
vere e proprie sui luoghi e i modi della comunicazione fra adolescenti.
Sintetizzando al massimo le informazioni raccolte sull'uso di cellulari, televisione, computer e Internet, emerge un profilo di studenti più "tecnologicizzati" rispetto a quelli offerti da recenti indagini svolte su tutto il territorio nazionale dall'ISTAT, dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dalla Comunità Europea.
L'esposizione media a televisione e Internet risulta complessivamente superiore alle tre ore e mezza, con una lieve prevalenza del mezzo eterotrainato della televisione rispetto a quello interattivo di Internet.
La frequenza d'uso di Internet è piuttosto uniformemente diffusa in relazione al genere (solo una lieve preponderanza dei maschi), alla nazionalità (solo una lieve preponderanza nei tempi di esposizione degli alloctoni) e alla classe sociale: Internet non sembra essere (più) appannaggio soltanto dei maschi, dei ragazzi benestanti o autoctoni. Qualche differenza all'interno del campione statistico usato è individuabile rispetto al comune di residenza, presumibilmente dovuta alla mancanza di connessione a banda larga in alcune zone delle valli bergamasche.
I dati relativi ai tipi di servizi di rete usati dagli adolescenti ci indicano un prevalere dell'uso di Facebook; per dare un'idea delle proporzioni assolute e relative del fenomeno, diremo che il 52% degli intervistati ha dichiarato di usarlo più volte la settimana o addirittura ogni giorno (utenti frequenti), mentre il 14% lo usa di tanto in tanto (utenti intermittenti) e il 34% dei ragazzi dichiara di non usarlo; al confronto, un servizio decisamente orientato al pubblico giovanile quale MySpace scompare, con soltanto il 5% di utenti frequenti; ancora peggio va a SecondLife, uno dei mondi virtuali più citati dai media giornalistici, con un 97% di adolescenti che dichiara di non farne mai uso.
Gli unici ambienti virtuali che reggono il confronto con Facebook sono da una parte il social network Netlog, con il 30% di utenti frequenti; e dall'altra i servizi di messaggistica istantanea quali MSN, con un 63% di utenti frequenti. Si tenga presente che, per esempio, il pur sfruttato servizio tradizionale di email non va oltre il 37%.
Nell'uso di Facebook si nota una netta differenza fra i generi, con una percentuale di utenti frequenti del 57% per le femmine, a fronte di un più ridotto 47% per i maschi, che presentano invece un gruppo più numeroso di utenti intermittenti. Questo dato è in linea con quanto riscontrato da vari recenti studi, che vedono nelle nuove generazioni femminili aumentare le percentuali di autrici di blog e di interventi diaristici in Facebook, interpretati come una forma di vetrinizzazione delle identità che permetterebbe loro di vivere in modo politico la propria quotidianità, laddove invece i maschi hanno tradizionalmente altri spazi per il confronto. È da notare che con MSN la situazione si ribalta, con l'80% dei maschi utenti frequenti, contro il 62% delle femmine.
Un'altra differenza significativa è stata riscontrata nell'uso di Facebook fra autoctoni e alloctoni (gli studenti di cittadinanza diversa da quella italiana rappresentano oltre il 7% del campione): gli studenti provenienti da altri paesi usano Facebook in misura significativamente minore di quanto non facciano i locali.
Varie domande sono poi state rivolte a indagare diversi aspetti della comunicazione in Facebook e nelle chat. I risultati sono qui brevemente riassunti, proponendo gli aspetti più significativi.
Relativamente all'identità: il 79% degli utenti frequenti ha dichiarato di usare come nome utente in Facebook il proprio vero nome, il 15% un nickname ispirato al proprio nome e soltanto il 6% un nickname di fantasia; al contrario, solo il 53% degli utenti intermittenti di Internet entra in Facebook con il proprio nome. Gli intermittenti sembrerebbero dunque più preoccupati dei frequenti di proteggere la propria privacy. Nel caso di MSN l'uso del nickname è molto più accentuato e anche in questo caso vi fanno ricorso di più gli intermittenti.
Fra un quinto e un quarto dei ragazzi afferma di parlare in chat o in Facebook di argomenti di cui nella vita reale non parlerebbe mai. Si tratta di valori piuttosto alti, che indicano come la distanza fra chi conversa in rete possa non già allontanare, quanto piuttosto favorire le confidenze. In questo senso trova conferma l'affermazione di un giovane della Consulta Studentesca della Provincia di Bergamo, che sostiene che, per riuscire a dire nel mondo reale a una ragazza quello che le dice in chat, dovrebbe essere ubriaco.
Tuttavia, solo il 21% dei frequenti e il 14% degli intermittenti ritiene di far parte di un gruppo vero quando è in Facebook.
Un'indicazione sorprendente che emerge dai dati è che chi più vive le piazze virtuali è anche chi dedica più tempo ad altre occasioni di socialità nel mondo reale; come se i contatti nel mondo virtuale servissero in primis per tener vive le relazioni e in secondo luogo per rinviare a opportunità di incontro nella piazza reale.
In sintesi, tenendo presente i due profili di riferimento degli utenti Internet intermittenti e frequenti, confrontando le loro risposte riguardo al tempo dedicato allo sport, alle visite ai centri commerciali, alle passeggiate, all'oratorio e a luoghi d'incontro e divertimento come la discoteca, il pub e il bar, emerge che gli utenti frequenti di Internet si dedicano con maggiore assiduità a tutte le alternative elencate: la rete comunque viene usata come protesi relazionale, in un'ottica di coevoluzione fra persone e ambiente che permette ai ragazzi di costruire un ponte verso gli altri e non esclude, anzi vivifica il rapporto personale in presenza, al quale costantemente rimanda.
Una parte del questionario è stata dedicata all'identificazione di luoghi e modi di ritrovo nel mondo reale e all'eventuale collegamento fra i due mondi.
Un fenomeno che ci pare interessante segnalare viene dalle risposte date alla domanda "Dove ti piace trascorrere il tempo con gli amici?" Era possibile dare più di una risposta; prendendo in considerazione i dati relativi alle prime tre opzioni espresse da ciascun rispondente, emerge un tranquillizzante primato della casa, con il 57% delle preferenze, seguita dal bar, con il 54%; la piazza tradizionale rimane piuttosto in disparte nelle preferenze dei ragazzi, fatta eccezione per un 51% di opzioni fra gli studenti residenti in città per via Venti, il classico asse dello struscio della Città bassa.
I centri commerciali sono indicati fra le prime tre opzioni dal 35% dei ragazzi, ben oltre il 26% degli oratori (pur in una zona particolarmente legata alla Chiesa quale è la Bergamasca), l'8% dello stadio e meno del 10% dei vari centri di aggregazione giovanile: snobbati da molti come nonluoghi i centri commerciali sono per i ragazzi di oggi invece un punto di riferimento importante; pare che rispetto a questi presunti nonluoghi gli adulti scontino un pregiudizio derivante dal fatto che essi non li vivono "nativamente".
| Ci avete rubato il Mondiale, ci avete rubato la Coppa, lasciateci almeno la C** M**, luogo magico della nostra infanzia |
Ci pare particolarmente significativo, a questo riguardo, riportare un pregnante commento inviato qualche anno fa da un giovane della provincia di Bergamo al servizio contatti con i clienti di un grande centro commerciale della bergamasca, successivamente all'acquisizione del centro stesso da parte di un noto gruppo francese; diceva il messaggio: "Ci avete rubato il Mondiale, ci avete rubato la Coppa, lasciateci almeno ***, luogo magico della nostra infanzia".
L'aneddoto restituisce la percezione chiara, da parte di una persona fra l'altro nata più di dieci anni prima dei ragazzi coinvolti nel nostro questionario, del centro commerciale come di un "luogo" di frequentazione non casuale e non semplicemente orientata soltanto all'acquisto.
Un dato interessanti e forse inquietante sui comportamenti tra virtuale e reale: il 47% dei frequenti e il 39% degli intermittenti asseriscono di essersi incontrati almeno una volta con persone conosciute online. Non è detto che in quelle percentuali debbano necessariamente nascondersi comportamenti non corretti, dato che per la maggior parte dei casi potrebbe semplicemente trattarsi dell'incontro nella vita reale con l'amico dell'amico conosciuto in chat o su Facebook; né con il questionario siamo andati oltre certi precisi limiti di privatezza, per esempio non chiedendo l'età dei corrispondenti. Tuttavia l'entità del fenomeno ci induce a riflettere e a voler ritornare quanto prima sull'argomento.
Il discorso delle amicizie con sconosciuti ci ha portati a toccare infine un tema delicato e che presenta cifre tali da far riflettere.
Una delle ultime domande del questionario, nascosta fra altre in maniera che non spiccasse e fosse meno facile per gli studenti identificarla come questione chiave ed eluderla o rispondere insinceramente, chiedeva se i ragazzi avessero mai mandato fotografie a persone conosciute in chat. La risposta è stata affermativa in un terzo dei casi.
La cifra ci pare meritevole di attenzione: i ragazzi sembrano non percepire i rischi legati alla diffusione di immagini che li riguardino e queste percentuali non depongono a loro favore. Abbiamo cercato di costruire un semplice profilo di chi invia le proprie foto a sconosciuti, ovvero a persone conosciute in rete, analizzando il genere, la classe d'età e il tipo di controllo esercitato dai genitori.
Emerge che il 58% di chi ha inviato foto è costituito da maschi e il 42% da femmine; e che la distribuzione in classi d'età ha un andamento non particolarmente rassicurante, dato che disaggregando i dati per classi emerge che la percentuale di chi invia foto sta crescendo con le nuove coorti.
Infine, per quanto riguarda il controllo da parte dei genitori, il 21% di quanti hanno inviato fotografie a persone conosciute in rete dice dei propri genitori che non sanno mai nulla delle attività in rete dei figli, il 32% che si interessano raramente, il 34% qualche volta, l'11% spesso e il 2% sempre. D'altra parte, è difficile pensare che i genitori possano esercitare particolari forme di controllo quando oltre la metà degli intervistati dichiara di avere a propria disposizione per connettersi a Internet un computer non condiviso con altri membri della famiglia.
A questo proposito riteniamo che la prospettiva dell'Aver Cura debba avere un ruolo importante nella delicata triangolazione genitori / figli / tecnologie; spesso i genitori lasciano fare i figli convinti che, appartenendo alla generazione dei nativi digitali, abbiano le competenze necessarie e sufficienti per cavarsela. Ma varie ricerche dimostrano che la relazione dei giovani con le tecnologie è ben più complessa e difficile di quanto la sbrigativa definizione di nativi digitali e tanta pubblicistica possano lasciar immaginare. Non tutti gli adolescenti usano Internet alla stessa maniera e non si deve immaginare che la generazione dei nativi digitali sia uniforme e uniformemente aliena al mondo degli adulti.
Bisogna inoltre considerare che, per quanto i ragazzi possano disporre delle abilità necessarie a navigare in rete, sono spesso troppo sprovveduti rispetto alle problematiche legate alla affidabilità e credibilità delle informazioni che trovano nel Web e delle persone che incontrano nei luoghi virtuali: per questo motivo una attenzione orientata a offrire strategie di sostegno e di guida, nel rispetto della libertà dei ragazzi, potrà contribuire a tenerli lontani da possibili rischi.
Infine, si nota spesso nel rapporto fra le generazione dei genitori dei nostri studenti come da parte dei genitori sia costantemente presente la preoccupazione di non capire le modalità comunicative dei giovani; da questa presunta incomunicabilità nasce spesso il distacco fra genitori e figli, gli ultimi lasciati liberi dai primi di fare ciò che credono, in quanto considerati comunicativamente alieni. È necessario in realtà adeguare le categorie interpretative del linguaggio al modo di fare dei ragazzi: non si parla soltanto perché si ha qualcosa da dire, ma anche per dimostrare di essere in rete, in ogni senso. Per chi ha plasmato le proprie convenzioni nell'era delle telefonate dal fisso o dalle cabine, il motto era "niente nuove, buone nuove"; per chi è nato nell'era del telefonino, è stato normale prima comunicare con gli "squilli" del cellulare, poi con le "faccine" degli SMS e ora con il chiacchiericcio dei social networks: ognuno è plasmato dall'humus tecnologico nel quale è cresciuto. Per i genitori era ed è prevalente la funzione informativa del linguaggio ("sto bene, ho fatto l'esame, torno venerdì"); per i ragazzi ha grande rilievo la funzione fàtica (dico cose che non interessano a nessuno, ma intanto ti dico che ci sono e quindi che sto bene e che se vuoi mi puoi parlare), non tanto perché tiene vivo un discorso in atto, ma in quanto evita che si consideri esaurito IL discorrere in quanto tale.
Tutto ciò,
come sostenuto da recenti studi,
può essere finalizzato non soltanto all'interazione sociale,
ma anche a scopi diversi, primo fra tutti l'apprendimento.
La stessa situazione è emersa nel corso della nostra ricerca quando diversi dei ragazzi intervistati hanno descritto le proprie modalità di svolgimento dei compiti a casa,
affrontati usando Wikipedia per le ricerche,
tenendo aperto Facebook o Twitter per sapere chi fa che cosa,
interagendo tramite MSN per chiedere o dare spiegazioni ai compagni di studio,
in un regime che va oltre la comunicazione tradizionale
e potremmo definire di comultiplazione.
Si tratta di una evoluzione dei modi di intrattenersi e di apprendere in rete,
con un uso combinato di diverse tecnologie,
grazie al quale i risultati e gli effetti del tutto vanno al di là
di quanto pensato in un rapporto di causa / effetto per le parti:
gli impieghi educativi del Web
possono andare e vanno oltre gli stretti confini dei corpora di materiali didattici progettati
per lo studio e coinvolgono strumenti e modi di operare non finalizzati all'apprendimento.
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In questa pagina sono riassunte alcune delle riflessioni proposte nel capitolo, del quale si può scaricare la versione integrale in formato PDF (440 KB).
Questa è una sintesi del capitolo:
Alessandra De Fiori, Marcella Jacono Quarantino, Marco Lazzari, "L'uso di strumenti di comunicazione telematica fra gli adolescenti", in Adolescenti tra piazze reali e piazze virtuali, a cura di Marco Lazzari e Marcella Jacono Quarantino, Bergamo University Press, 2010
Si può scaricare da qui la versione integrale PDF del capitolo (440 KB).
Ho raccolto in un'unca pagina i collegamenti a tutti i miei articoli e capitoli sul tema adolescenti e Internet - social networks, rischi e opportunità.
Adolescenti, piazza reale, piazza virtuale, comunicazione, Internet, Web, Web 2.0, social networks, Facebook, Messenger, MSN, Netlog, Bergamo, scuola superiore, scuole superiori.