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La terra della menzogna - prima pagina
Erano gli ultimi giorni di novembre sul limitare dell'Hill Country, ma ci avevo messo poco a imparare che, da quelle parti, l'apparenza inganna. Quel giorno, mentre percorrevo in macchina la zona nordovest di Austin, avrebbe potuto tranquillamente essere primavera. Le foglie sottili degli alberi di pecan non avevano ancora cambiato colore. La gente passava la falciatrice sui prati, in maglietta e pantaloncini. Oppure, visto che quello era un quartiere bene, stava a osservare gli immigrati clandestini che si davano da fare in su e in gił, sulla folta erba verde scura, proprio come scarabei stercorari in mezzo a sciami di moscerini. Sopra le nostre teste, nel cielo azzurro che le morbide brezze del sudest tenevano sgombro da nubi, si muoveva pigramente un brillante sole pomeridiano. In alto, un avvoltoio solitario dava l'impressione di tenter d'occhio, con aria stanca, l'intera faccenda. L'inverno pareva una vecchia promessa, che non sarebbe stata mantenuta.
A casa mia, nel Montana, l'autunno doveva aver gią picchiato duro. Una spessa coltre di neve aveva sicuramente ricoperto le vette e gli altri crinali della Meriwether Valley, dopo aver spogliato i rami del cottonwood e lasciato il larice a rifulgere in mezzo alle macchie scure dei pini, e il salice come in fiamme lungo i ruscelli bordati di brina. Fossi stato a casa, mi sarei fatto un gran culo ad accatastare legna da ardere per l'inverno imminente, a buttar gił pini, abeti e ontani e a farli a pezzi fino a ridurmi le mani in brandelli e dolere la schiena come se mi stesse per prendere un infarto.
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