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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI BERGAMO

::: Univ. di Bergamo > Facoltà di Lettere e Filosofia > Marco Lazzari > Santiago > Daniele Biella > Multimedialità e comunità virtuali

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I sottocapitoli:

Dalla multimedialitą alle comunitą virtuali

Tra on-line e off-line: la persona nella Rete

L’espressione on-line definisce la condizione, di qualsiasi entità concreta e astratta, del trovarsi sulla Rete, e fa oramai parte del nostro bagaglio culturale.

Il suo opposto, come suggerisce lo stesso neologismo (derivante dall’inglese), si riferisce a tutto ciò che succede fuori dal mondo della Rete, off-line.

Al di là di ogni più ardita previsione, nel giro di pochi anni questa dicotomia ha cambiato il modus vivendi di buona parte degli abitanti del mondo informatizzato, aprendo nuove e affascinanti prospettive.

Dal punto di vista della trasmissione delle informazioni, lo sviluppo del mondo on-line sconvolge la dimensione spazio-temporale del sistema mittente-ricevente tipico di ogni messaggio, facendo in modo che luoghi lontani fra loro possano entrare in contatto simultaneo attraverso gli infiniti canali della comunicazione in rete.

Inoltre, cambia la concezione della nozione di “scrittura”, passando da una forma dotata di supporto fisico (penna, foglio, invio di una lettera, tutto quello che richiede uno spostamento concreto di oggetti) a una sua destrutturazione: ciò che si vuole dire viene digitato sulla tastiera e inviato per vie telematiche al ricevente, superando la tradizionale materialità della scrittura stessa.

Il processo innescato è ambivalente, in quanto acquisisce

caratteri devastanti e saturanti se guardati solo con l’occhio della tradizione; innovativi e liberanti se partecipati direttamente da chi non ha mai avuto queste opportunità1.

Proprio queste opportunità rappresentano a tutti gli effetti la grande “rivoluzione sociale” della Rete.

Comunità e reticoli sociali

La società moderna modifica continuamente le sue caratteristiche in funzione dello sviluppo di nuove tecnologie. Con l’avvento delle reti telematiche si parla di postmodernità, ma il termine non riesce a racchiudere in sé tutti i nuovi elementi di una società sempre più complessa e ramificata.

Questa complessità è sottolineata dal fatto che tutti gli esseri umani, in quanto protagonisti della vita sociale, si legano fra loro su piani molteplici, da un lato condividendo interessi, dall’altro entrando in competizione; scegliendo con chi instaurare relazioni di qualsiasi natura e, nello stesso tempo, venendo scelti da altri, in un continuo scambio di ruoli.

Anche nella Rete avviene qualcosa di simile, in quanto ogni identità, che nasce e si sviluppa on-line, entra in relazione con le altre a differenti livelli (da casuale a causale, da informale a confidenziale) in nessuno dei quali si ha il completo controllo della situazione e la capacità di comprendere totalmente quello che sta avvenendo tutt’attorno.

Vedere quindi la complessità come una ricchezza è il primo passo per affermare l’effettiva realtà delle numerose comunità virtuali presenti on-line. Complessità che significa anche accettazione delle diversità: la confluenza di molte cerchie sociali in un unico luogo all’interno della Rete è tanto unica quanto potenzialmente fondamentale per comprendere l’utilità di questi esempi moderni di aggregazione.

Le relazioni fra le persone in rete s’intersecano e si mischiano fra loro, creando quelli che vengono chiamati reticoli sociali, l’insieme delle interdipendenze fra utenti e organizzazioni senza un ordine o una gerarchia prestabiliti.

Questi reticoli generano a loro volta una “rete di reti”, visti come sottoreticoli nei quali si scompone anche la vita sociale di un individuo che, relazionandosi su differenti livelli con altrettanto differenti persone, considera la complessità come risorsa fondamentale.

Egli può appartenere, simultaneamente, a svariati sottoreticoli, comportandosi in un determinato modo che assumerà forme e contenuti ogni volta nuovi. In molti casi, arriva a possedere una buona quantità di alias dalle molteplici personalità e caratteristiche.

Nella Rete tutto quanto appena descritto avviene ancora più facilmente, sebbene potrebbe sembrare anacronistico vista l’impossibilità dell’interazione faccia a faccia fra individui.

Le reti telematiche, intese sia come reti di collegamento tra computer, sia come reticoli sociali che si sviluppano grazie a questi collegamenti, offrono un vasto campo d’azione alle relazioni umane, che sfocia nella nascita di sempre nuove comunità, nessuna delle quali gode di maggiori privilegi o potere rispetto alle altre. Inoltre, l’appartenenza ad una di esse non preclude la possibilità di aderire a ulteriori spazi aggregativi on-line.

Alla fine del paragrafo precedente si era parlato di frammentazione come rischio derivante dalla diffusione di molteplici comunità virtuali. Ora accade esattamente l’opposto: questa “dispersione” dei reticoli sociali stimola il contatto tra gruppi che normalmente non avrebbero nessun modo di conoscersi, tramite quella che viene chiamata la forza dei legami deboli.

La teoria alla base di questo concetto è stata formulata nel 1973 dal sociologo Mark Granovetter2, il quale afferma l’esistenza nella società di certi legami che, sottoforma di reticoli scarsamente densi, mettono in comunicazione reciproca le reti di legami forti.

Mentre questi ultimi agiscono a livello più profondo (la famiglia, le amicizie più strette), i legami considerati deboli sono alla base di quella che Luciano Paccagnella chiama “flessibilità cognitiva"3, ossia la possibilità, muovendosi in contesti sempre diversi senza la stabilità tipica delle relazioni profonde, di venire a conoscenza di notizie, opportunità, prospettive diverse da quelle peculiari del proprio gruppo d’appartenenza.

Dal punto di vista informatico, Internet amplia talmente tanto il bacino d’utenza dei legami deboli da poterli considerare l’elemento fondamentale della comunicazione in rete.

Si può affermare che:

si avvera la profezia del villaggio globale (teorizzato nel 1964 da Marshall Mc Luhan): non nel senso che il mondo diventa un unico paese, bensì nel senso più modesto e concreto che il villaggio di riferimento di ognuno di noi può includere persone sparse su tutto il pianeta4.

Mondo della Rete da leggere, quindi, come completamento e integrazione del mondo tradizionale, tramite supporti multimediali che permettono una continua interazione fra gli stessi due mondi.

L’intercomunicabilità è alla base delle relazioni che avvengono on-line e off-line: nate e sviluppate tramite la CMC, esse vengono approfondite al di fuori della rete, con incontri faccia a faccia o utilizzo di media tradizionali (posta, telefono) mediante i quali le persone coinvolte associano un volto e una voce a quello che era in primo luogo un nome.

Tutto questo si può vedere come la testimonianza diretta dell’apporto reciproco che realtà e virtualità si offrono per mezzo dei propri reticoli sociali.

Apporto che, in un secondo tempo, entrambe rivolgono alla società moderna, contribuendo alla sua progressiva evoluzione.

La persona nella Rete: identità e pseudonimato

In ogni epoca una delle prime necessità dell’uomo è stata quella di comunicare e dare espressione alla propria socialità.

La figura della persona nella Rete parte proprio da questa volontà di instaurare relazioni sociali, esprimendo il proprio pensiero attraverso un canale di comunicazione privilegiato, il computer. Chiamato per questo personal medium, esso permette di raggiungere un’infinita quantità di luoghi avendo la comodità di non compiere alcun tipo di spostamento fisico:

Nella Rete una persona interagisce in vari modi con le altre, partecipando a discussioni, fornendo e ricevendo informazioni, esprimendo con continuità una manifestazione di sé che lo rende attivo sul piano sociale.

Il cogito, ergo sum, come prerogativa per l’esistenza di un individuo, si converte nel mondo virtuale (dove l’atto del “pensare” della persona on-line non può essere materialmente percepito da un altro utente) in “I write and I am perceived, therefore I am”5, scrivo e sono percepito, quindi sono.

Questa forte volontà di essere riconosciuto e accettato dalla comunità in Rete risponde a ben definiti bisogni innati dell’essere umano, che Ami Jo Kim, prendendo come punto di riferimento la gerarchia dei bisogni teorizzata nel 1954 da Abraham Maslow6, struttura in cinque stadi inscrivibili in una struttura piramidale, che comprende bisogni fisiologici, di sicurezza, associativi, di autostima e, al vertice della piramide stessa, di autorealizzazione.

La facilità con cui si può accedere al mondo on-line rende inoltre qualsiasi utente potenzialmente in grado di avere lo stesso accesso informativo di un organo istituzionale, di un’azienda multinazionale, di un’agenzia di stampa.

Un semplice cittadino può ricreare sulla Rete il proprio piccolo mondo, dando vita ad uno degli innumerevoli siti personali che rappresentano un fenomeno di ampia portata per quanto riguarda la comunicazione in rete: raccontandosi ad un pubblico virtuale di persone reali, ciascun individuo “apre la propria porta di casa” alla ricerca di uno scambio comunicativo e dell’accettazione di sé da parte di una società che vede sempre più complessa.

Egli fornisce dati sulla propria famiglia, gli studi, la professione, ma il più delle volte la sua attenzione verte su interessi personali, idee, passioni, rimandi a siti, libri o film preferiti; unisce tutto questo adottando un’impostazione grafica originale, colorata e il più possibile multimediale (suoni, immagini, animazioni), perché rispecchi al meglio come egli vorrebbe essere visto, alla stregua di un vero e proprio specchio virtuale.

L’identità che traspare dal sito personale viene definita “postmoderna” poiché si arricchisce di una nuova caratteristica: essa viene scomposta in diversi riquadri, collegati fra loro tramite un filo conduttore presente esclusivamente nella mente del creatore del sito.

I confini dell’identità sfumano, mentre l’espressione del Sé acquisisce una frammentazione che vede nel termine personae la sua denominazione più appropriata7.

In ogni esperienza di comunicazione in rete l’individuo sceglie un nome da applicare a ciascuna propria “persona”, che può rimanere unico o moltiplicarsi in più rappresentazioni di un identico Sé. Mentre il primo caso è poco frequente (ancor meno frequente l’uso del nome anagrafico), il secondo è consueto: la persona, in questo caso, si fa conoscere nella Rete attraverso quelli che vengono comunemente chiamati pseudonimi o soprannomi8.

Tramite lo pseudonimo, il nome riacquista un ruolo sociale molto importante, individuando appartenenze, relazioni e funzioni come accadeva nelle prime società tribali, quando esso poteva addirittura cambiare nel corso degli eventi, specialmente dopo “riti di passaggio” o momenti importanti della vita della persona.

All’interno delle reti telematiche lo pseudonimato è ulteriormente rilevante, poiché delinea il processo di costruzione sociale che porta un individuo (in certi casi la collettività) alla scelta del soprannome e del significato simbolico a esso collegato.

Nella realtà degli hackers, i “pirati della rete”, lo pseudonimato corrisponde a una precisa volontà: la scelta di nomi di fantasia collegati a diversi referenti culturali (musica, cinema, fumetti) o alterati linguisticamente con l’uso del gergo tipico delle comunità di Rete “underground” (“Phiber Optik” anzichè “Fiber Optic”9) è espressione del rapporto che queste persone, spesso giovanissime, vogliono avere con la tecnologia moderna. Laddove il completo rifiuto è considerato inadeguato, si cerca di “catturare” questa tecnologia, per poi rielaborarla e diffonderla modificata in base alle proprie esigenze e al messaggio che si vuole trasmettere, anche a costo di sfiorare il sottile confine tra legalità e illegalità.

Quale sia la sua forma finale, la scelta dello pseudonimo sancisce l’ingresso della persona nella Rete dotandolo della propria identità on-line, la quale ha la proprietà di garantire un certo riconoscimento sociale che acquisisce valore e storia con lo scorrere del tempo. Questa nuova identità, inoltre, lascia al proprietario ampie libertà su cosa rivelare di sé e in che modo farlo, a seconda delle sue volontà e del luogo virtuale in cui decide di accedere. Addirittura, può arrivare alla negazione parziale o totale della sua persona, in termini di genere10, età, caratteristiche fisiche: è colui che viene chiamato in gergo informatico troll o fake (falso).

Sotto un altro punto di vista, la Rete può rappresentare un importante terreno di sperimentazione ancor più sicuro e veritiero della realtà stessa: la persona “viene allo scoperto” affrontando giudizi e reazioni disinteressate degli altri cibernauti, per prepararsi a compiere lo stesso passo nel più insidioso mondo off-line.

Si può affermare, quindi, che identità e pseudonimato concorrono di pari passo all’affermazione del Sé di un individuo, il quale trova la sua più diretta espressione sul terreno innovativo e in continua evoluzione della Rete, nel quale tecnologia e comunicazione multimediale operano a stretto contatto.

Proprio quella stessa Rete che, da circa un decennio, sta cambiando radicalmente usi e costumi della società moderna, offrendo nuovi particolari reticoli di interazione sociale (i micromondi di ambiente-internet e il complesso universo delle comunità virtuali) nei quali si muove a suo agio una figura tanto interessante quanto del tutto inedita: la persona on-line.

Note

1 Giulio Lughi, op. cit, p. 14. Ritorno al testo

2 La teoria apparve nel maggio 1973 sul numero 78 del American Journal of Sociology, con il titolo The Strength of Weak Ties. In italiano la troviamo in Mark Granovetter, La forza dei legami deboli, Liguori, Napoli 1973. Ritorno al testo

3 Cfr. Luciano Paccagnella, op. cit., p. 147. Ritorno al testo

4 Ibid., p. 148. Cfr. Barry Wellman, Milena Gulia, “Net Surfers Don't Ride Alone: Virtual Community as Community” in Networks in the Global Village, Westview Press 1999. Opera consultabile anche on-line, sul sito www.chass.utoronto.ca/~wellman/publications/index.html. Ritorno al testo

5 Richard MacKinnon, “Searching for the Leviathan in Usenet, 1995”, versione on-line sul sito virtualschool.edu/mon/Economics/MacKinnonLeviathanUsenet.html. Ritorno al testo

6 Maslow, padre della psicologia umanistica, è l’ideatore della teoria motivazionale, basata appunto sulla Hierarchy of Needs. Cfr. Abraham H. Maslow, Motivazione e personalità, Armando Editore, Roma 1990. La studiosa Ami Jo Kim ha adattato la teoria al concetto di comunità virtuali nel libro Costruire comunità web, Apogeo, Milano 2000. Edizione on-line su www.naima.com/community. Ritorno al testo

7 La parola persona ha origine etrusca e significa maschera; il suo plurale, personae, indica il sussistere di diverse maschere (riconducibili ai “riquadri” di cui sopra) in uno stesso individuo. Ritorno al testo

8 I loro corrispettivi inglesi sono nickname, handle, alias. Ritorno al testo

9 Cfr. Luciano Paccagnella, op. cit., p. 79. Ritorno al testo

10 Il gender-swapping è il processo con cui la persona si crea un’identità di genere opposto al proprio. Ritorno al testo

 

Prosegue con: Il Camino de Santiago.


Marco Lazzari, Daniele Biella, Convergenze tra realtà e comunità virtuale nel pellegrinaggio a Santiago de Compostela, http://www.unibg.it/lazzari/santiago_de_compostela/daniele_biella/cap1_4.htm

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