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Oggi come in passato, il pellegrinaggio a Santiago riunisce un’incredibile quantità di persone in un’unica “missione”, l’arrivo alla tomba dell’apostolo.
Lungo le sue strade, soprattutto attraverso i quasi ottocento chilometri del Camino Francés, i pellegrini condividono fatiche, gioie e momenti profondi per un intero mese della propria vita.
I rapporti che si instaurano giorno dopo giorno persistono di gran lunga dopo la fine fisica del pellegrinaggio e si tramandano nel tempo, diventando motivo d’orgoglio e serenità per l’individuo moderno, sempre più bisognoso di socialità in un mondo dominato dall’individualismo.
Il pellegrinaggio propriamente detto, pur restando, per antonomasia, un atto individuale, assume un ulteriore significato quando si ricollega a quello che possiamo chiamare camino de peregrinación, inteso come
traducción colectiva de las motivaciones individuales, mediante la cual los actos de las personas adquieren una dimensión social, en la que se unifican sus razones, sus sentidos y sus líneas de influencia sobre los valores de toda la comunidad1.
Ecco che riappare a pieno titolo la parola comunità, questa volta nella sua accezione originaria teorizzata da Ferdinand Tönnies alla fine del secolo XIX per distinguerla da ciò che si intende per “società”2.
Nel Camino de Santiago avviene una trasformazione qualitativa del fenomeno: dalla manifestazione di una religiosità individuale, il pellegrinaggio si converte in una vera e propria attività organizzata, nella quale le motivazioni da personali diventano universali.
Il pellegrinaggio crea una coesione sociale senza precedenti, che il viandante sperimenta fin dai primi chilometri sentendosi parte integrante dell’esperienza che sta vivendo.
Tradizione e religione svolgono, in quanto appena descritto, un ruolo di prim’ordine: esse rappresentano il punto di partenza dello spirito aggregativo di molte comunità, trasformandosi in elementi imprescindibili della comunità legata al Camino de Santiago.
Questa comunità, a cui ci riferiamo con l’appellativo di “reale” (in quanto trova la sua concretizzazione nella realtà), viene alla luce con la nascita dell’atto di devozione al santo e con la volontà di rendere omaggio alla scoperta del suo sepolcro.
La tradizione, che da quel momento si instaura e che si sviluppa col passare dei secoli, assume un carattere ermeneutico e identitario3 tale da rappresentare una delle prerogative più importanti per i rapporti sociali che nascono tra i pellegrini.
Ermeneutico, in quanto l’individuo-pellegrino accoglie come verità indiscussa un insieme di assunzioni di fondo (che generano la “tradizione”) trasmesse di generazione in generazione; identitario, poiché la tradizione, intesa come insieme di credenze e modelli di comportamento ereditati dal passato, racchiude in sé buona parte della simbologia necessaria all’essere umano per formare sia la sua identità personale, unica e distinta, sia l’identità collettiva, ovvero la visione della propria persona come parte integrante di un gruppo con il quale si condividono esperienze.
La tradizione, quando è principalmente a carattere religioso come nel caso del Camino de Santiago, acquisisce ulteriore rilievo per lo sviluppo dello spirito di condivisione. Esplicative in tal senso risultano le parole di John B. Thompson:
le credenze e le pratiche religiose si intrecciano spesso alle attività della vita quotidiana, suscitando negli individui la sensazione di appartenere a una comunità, la consapevolezza di essere parte integrante di una collettività di individui più ampia che condivide le stesse credenze e in una certa misura la stessa storia e lo stesso destino4.
Il pellegrino che porta con sé per centinaia di chilometri una pietra della sua terra natia per poi lasciarla ai piedi della spoglia Cruz de Hierro come simbolo di purificazione; colui che, prima di entrare nel Tempio di Eunate (Navarra) compie tre o sette giri sul ciottolato attorno alle mura esterne, rigorosamente a piedi scalzi, per adempiere a un atto di fede; ancora, chi si ferma nella chiesetta di Roncesvalles (all’inizio del Camino Francés) a ricevere la solenne Bendición del Peregrino impartita quotidianamente dopo la funzione liturgica della sera; per finire, lo stesso che, giunto sano e salvo a Santiago de Compostela, compie i rituali legati all’entrata nella Catedral5: aderendo a questi riti che si tramandano da tempi remoti, il pellegrino percepisce un profondo senso di appartenenza e comunione.
Ogni rito religioso, individuale o collettivo che sia, è diretta espressione della profonda volontà di condivisione che, a conti fatti, è una delle componenti fondamentali del pellegrinaggio, come si evince dalle parole dei pellegrini6.
Allo stesso modo, accanto a riti di natura sacrale, esistono altre usanze e costumi tipicamente giacobei che si possono considerare “profani” (nel senso specifico di “non derivanti da rituali religiosi”): il pellegrino li fa propri con la stessa indole caratterizzata da rispetto e condivisione, con la quale si avvicina ai riti sacri, poiché essi contribuiscono all’affermazione dello spirito comunitario. Tali riti profani, sono di primaria importanza per dimostrare quanto affermeremo tra poco, quando metteremo in stretta relazione mondo reale e virtuale del Camino.
La dimensione umana nella società, le idee di libertà e giustizia e la fiducia nel progresso sono principi che hanno armonizzato storicamente le diverse culture che integrano la peculiare identità europea. Questa identità culturale si realizza e si è realizzata grazie all’esistenza di uno spazio europeo impregnato di memoria collettiva e attraversato da percorsi capaci di superare le distanze, le frontiere e le lingue. Il Consiglio d’Europa propone adesso la rinascita di uno di questi percorsi, quello che conduceva a Santiago de Compostela, come base ed esempio per azioni future in accordo con il suo carattere altamente simbolico nel processo di costruzione europea7.
Con queste parole si apre la Dichiarazione del Consiglio d’Europa che, nel 1987, attribuisce ufficialmente al Camino de Santiago il titolo di Primo Itinerario Culturale Europeo.
Anche a livello istituzionale, dunque, il pellegrinaggio giacobeo raggiunge il livello d’attenzione che merita, trattandosi di un vero e proprio crogiuolo di usi, costumi, tradizioni e parlate di varia natura riconducibili all’identità di Europa vista come comunità basata sugli ideali di tolleranza, cooperazione e apertura delle proprie frontiere al resto del mondo.
Fin dalle sue origini il pellegrinaggio è stato un fenomeno legato alla storia dell’Europa, alla cui formazione ha contribuito attraverso uno scambio culturale senza precedenti.
Oggi più che mai, gli antichi valori del Camino sono gli stessi che contraddistinguono il processo di costruzione di un’identità europea che vede nella partecipazione attiva del “cittadino-pellegrino” uno dei suoi punti di forza8. In Europa sono sempre più frequenti progetti e azioni di vario tipo a favore del Camino de Santiago, operanti a livello locale, nazionale e transnazionale9.
Dal punto di vista simbolico, tra pellegrinaggio giacobeo e costruzione di una “strada comune europea” si possono incontrare molti valori comuni:
Un oggetto apparentemente secondario diventa, invece, il simbolo che unisce le strade del Camino e d’Europa: la leggerezza dello zaino, “la mochila con la cual el peregrino aprende a prescindir de lo superfluo”10, può servire da esempio alla società europea per invertire la tendenza al consumismo e allo spreco di beni primari, in un’attualità in cui la maggior parte della popolazione mondiale vive ben al di sotto della soglia di povertà.
Il pellegrino del terzo millennio può rappresentare, con i propri valori, un prototipo di cittadino modello anche a livello extraeuropeo: negli ultimi anni il richiamo del Camino ha varcato i confini dell’Europa e ha attirato gente proveniente da tutto il mondo cristiano, ma non solo11.
Il risultato dell’incrocio di razze, culture e pensieri è straordinario anche a livello linguistico. Pur dotato di una lingua principale, lo spagnolo12, data la sua dislocazione geografica, il Camino de Santiago “parla” molte altre lingue: l’inglese su tutte, ma anche il francese e il portoghese; meno, ma comunque presenti, il tedesco e l’italiano.
La modernità del Camino, quindi, si ritrova nella possibilità di dialogo e condivisione d'esperienze tra persone con lingue e culture diverse fra loro, tutte sottoposte allo stesso insieme di regole e comportamenti, caratteristica basilari di ogni comunità che si rispetti.
Concludiamo quanto detto con le eloquenti parole del sociologo galiziano Xosé Leira López, a proposito dell'importanza del Camino de Santiago per lo sviluppo di una società sempre più multiculturale e multirazziale:
il Camino è un punto d’incontro. Visto che non scompariranno le diversità, cerchiamo di essere tutti dei buoni “vicini di casa” in questa Strada Principale d’Europa. I pellegrini formano una comunità fondata su amicizia e solidarietà13.
1 José Luis Barreiro Rivas, La función política de los caminos de peregrinación en la Europa medieval, Tecnos, Madrid 1997, p. 101. Ritorno al testo
2 Nel suo saggio Gemeinschaft und Gesellschaft (1887), Tönnies distingue tra comunità (Gemeinschaft), che si forma in base a spontaneità e condivisione pura, e società (Gesellschaft), che segue volontà umane arbitrarie e quindi interessate. Ritorno al testo
3 Cfr. John B. Thompson, Mezzi di comunicazione e modernità, Il Mulino, Bologna 1998, p. 260 e ss. Ritorno al testo
4 Ibid., p.273. Ritorno al testo
5 Per quest’ultimo, vedi la nota 39 del cap. 2. I quattro esempi forniti sono alcuni dei molti casi di tradizione giacobea di origine religiosa che il pellegrino autentico non manca di compiere. Ritorno al testo
6 Torneremo a parlare di ciò nel paragrafo conclusivo del capitolo, in cui verrà analizzato il contenuto delle interviste ai pellegrini che chi scrive ha effettuato durante il pellegrinaggio. Ritorno al testo
7 Parte della Dichiarazione di Santiago di Compostela, effettuata il 23-10-1987. Ritorno al testo
8 Cfr. María Pilar Julián Lázaro, “Los Caminos de Santiago: símbolo de una Europa en construcción y abierta al mundo”, in AAVV, V Congreso Nacional de Asociaciones Xacobeas, Deputación de A Coruña, A Coruña 1999, p. 482. Ritorno al testo
9 In particolare, nel 1999 è nato un "Progetto di Volontariato Europeo" per valorizzare la tratta aragonese del Camino. Il sito web di riferimento è www.viaragon.org. Un esempio più vicino alla realtà italiana è Ad Jubilaeum, il progetto di una scuola secondaria romana in collaborazione di un corrispettivo istituto galiziano. Cfr. il sito web.tiscali.it/no-redirect-tiscali/adjubilaeum/pagine. Ritorno al testo
10 María Pilar Julián Lázaro, op. cit., p. 492. Ritorno al testo
11 Continente asiatico e Medio Oriente sono le ultime frontiere raggiunte, negli ultimi anni, dalla fama del Camino de Santiago; esse vanno ad aggiungersi alla nutrita presenza, lungo le strade giacobee, di pellegrini delle due americhe e dell’Oceania. Ritorno al testo
12 In realtà anche in Spagna il Cammino “parla” più lingue, ognuna tipica della Comunità Autonoma che attraversa: l’euskera (lingua ufficiale dei Paesi Baschi), il castellano (casigliano, lo spagnolo comune), il gallego (la lingua di Galizia). In più, nelle altre vie che portano a Santiago ritroviamo il català (catalano), l’Aragonés (parlato in Aragona), la lingua delle Asturie e l’andaluz, parlata tipica dell’Andalusia. Ritorno al testo
13 Traduzione personale dal testo in galiziano di Xosé Leira López, “As asociacións de amigos do Camiño de Santiago”, in Antón Álvarez Sousa, Homo Peregrinus, Xerais, Vigo 1999, p. 150. Ritorno al testo
Prosegue con: Convergenze tra realtà e comunità virtuale: una specificità del Camino.