I compagni detective

Creature di confine, dalle quali gli autori fanno partire possibili dibattiti di autoanalisi sociale, ma pur sempre mosche bianche - o pecore nere - nel sofferto rapporto con un contesto in cui la mediazione investigativa tra buoni e cattivi si gioca sul filo di un disagio difficile da catalogare in un'area politica. Gli estremi del discorso possono trovar spazio nei profili antitetici del Duca Lamberti di Scerbanenco o nel Marco Buratti - l'Alligatore - di Massimo Carlotto (home page): un medico radiato dall'ordine per pratica d'eutanasia - e siamo negli anni Sessanta! - e un reduce metà ideologo metà canaglia come l'Alligatore, rappresentano un segno di protesta isolata nei confronti di ogni tipo d'istituzione. I mondi di Lamberti e di Buratti mostrano un panorama scuro e minaccioso: le ingiustizie non hanno colori definiti, e il male incombe sia dall'alto delle autorità politiche ed economiche che dai bassifondi delle nuove ondate malavitose d'importazione. Se la giustizia, a conti fatti, diventa un attimo di opinabili vendette private a cui tutti aderiscono come si può aderire al partito del male minore, allora diventa anche impossibile gestire tutti i cani sciolti della detection: in un mondo in cui un certo tipo di giustizia risulta comodo a tutti - dai milanesi che ammazzano il sabato ai massacratori di delinquenze mafiose o dell'est - la matrice politica vira comunque verso un isolamento sociale generalizzato, causa ed effetto di se stesso. Se poi vogliamo considerare l'ipotesi di partenza dei personaggi come una scelta di schieramento degli autori, allora è lecito definire le appartenenze in un'area di simboliche eversioni - da destra a sinistra, con numerosi punti di riconoscimento - in cui la legalità deve poter agire oltre l'ordine costituito per ritrovare una sua dimensione, forse caratterialmente "barbarica" ma disgiunta comunque dalle frequenti "amnesie" della giustizia burocratica che dimentica in carcere gli innocenti e rimette in libertà stragisti impuniti.
Gli stessi prototipi di una eventuale appartenenza politica dichiarata - i commissari De Vincenzi del lontano Augusto De Angelis e il De Luca del recentissimo Lucarelli (home page) - sono di per sé eroi solitari che agiscono di riflusso in un contesto al quale dovrebbero legalmente sottostare operando per una più o meno giusta causa comune. La superiore anarchia intellettuale di De Vincenzi e la dignitosa parabola di mestierante del caso di De Luca - simbolicamente riscattato dalle colpe fasciste nell'ultima sua avventura, Via delle oche - simboleggiano comunque una inadeguatezza di fondo del momento politico in cui agiscono. La legalità è pur sempre qualcosa di indefinito, che si muove sul confine di relazioni politiche più di convenienza che non di convinzione: e in questo possiamo ritrovare gran parte dei detective nostrani, dal remoto e "inquadrato" De Vincenzi, appunto, al ribelle per scelta - e per necessità legate anche alle mazzate politiche - dell'Alligatore, passando per la quieta provincialità ricca soprattutto di rimembranze libertarie e populistiche del solito Salvo Montalbano.

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